14 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 2 - Let the music play

Grandi, piccole, bianche, nere, o colorate. Cuffie per ascoltare musica o coprire il frastuono delle carrozze, soprattutto se il viaggio è interminabile. In metropolitana la musica è ovunque, anche fuori dai treni. Nel mezzanino della stazione di Washington Square un giovane break-dancer si esibisce solamente per i suoi tre amici che lo fissano impalati e per noi che facciamo avanti e indietro col passeggino del pupo alla ricerca di un ascensore. Alla stazione di Jay Street un musicista solitario invade l'intera banchina col suono nervoso del suo sassofono, e noi nemmeno ci proviamo a proteggere le orecchie del pupo. E per quale ragione, poi. Tutto serve a dimenticare quanto sia sudicia la metropolitana della Capitale del Mondo, anche la musica non richiesta. Comunque, a me il sassofonista piaceva.
Impari presto, negli States, che sono una rarità i posti immuni dalla musica. Il silenzio è roba per le biblioteche, forse gli ospedali e gli uffici pubblici. Supermercati, ristoranti, negozi d'ogni genere, sono la tua colonna sonora. Ovviamente, non è vero; ma io mi sto convincendo del contrario.
A nord, prima di incrociare Atlantic Avenue, Court Street divide Brooklyn Heights da Downtown Brooklyn (oltre Manhattan, solo Brooklyn, tra i boroughs di NYC ha una sua Downtown ). A sud, dopo aver incrociato Atlantic Avenue, la stessa strada separa altri due quartieri: Cobble Hill e Boerum Hill. Se le nozioni di geografia urbana sono corrette, la nostra banca provvisoria sta per un pelo a Downtown Brooklyn, ma serve soprattutto la clientela benestante dei due quartieri a sud, dove è facile imbattersi in tate afro-americane che spingono passeggini per gemelli, ma al posto dei gemelli ci trovi un bimbo biondo e uno asiatico che più diversi non si può.
Non ricordo d'aver mai sentito della musica in banca. Se è per quello, nemmeno avevo mai visto delle banche come quelle di Miami, dove il bancomat o lo sportello con tanto d'impiegato sono accessibili in auto, come un qualunque drive-thru di panini cubani o hamburger. Se la banca mi fa ascoltare "Best of my love" delle Emotions e mi stampa la carta di credito col logo dei New York Giants, non vedo perché dovrei lamentarmi della musica, anzi.
Dentro una grandissima ex banca con i soffitti altissimi, probabilmente del primo Novecento, è adesso ospitato l'unico Trader Joe's di Brooklyn. Catena californiana di frutta, verdura e cibo di qualità a prezzi relativamente accessibili, si trova esattamente nel punto d'incrocio dei quattro quartieri di cui sopra. Due sole file per arrivare alle 22 casse, ma paghi quasi in un lampo al confronto di altri supermercati. Niente musica qui dentro, è un'eccezione. Ma un simpatico vecchio signore inglese, John ("Giovanni! Parlo italiano e con le mani!"), mi racconta tutta la sua vita, dalla BBC ai tre figli.
Pollo, fagioli, riso, formaggio, guacamole. Da Chipotle, per il pranzo delle 16, sempre rimanendo ancorati a Court Street, niente musica messicana. Un bel dub potente, invece, di quelli che ti arrivano allo stomaco e ti fanno ciondolare la testa. E peccato che Shazam non sia riuscito ad aiutarmi a capire di chi fosse.
La testa ciondola anche uscendo dalla stazione di Franklin Avenue. A Bed-Stuy non si vedono più i giovani universitari con la barbetta o le ragazze con le gonne larghe e le calze di lana. Si trovano vecchie signore alle fermate dell'autobus e giovani neri che vanno a rasarsi a spazzola la testa. Con un po' di fortuna, al mattino puoi intravedere gli occhi truccati di qualche donna coperta completamente con l'hijab. A Bed-Stuy l'hip-hop esce dalle macchine in doppia fila e a volume ancora più alto dai negozi di abbigliamento taroccato. Su Fulton Street una delle tante tavole calde, dalle vetrine annerite e con la porta incrostata, è sovrastata da una grande insegna luminosa gialla. Dice che non devi mangiare cibo spazzatura e che devi mangiare sano. Dice che la risposta è mangiare halal. Poco in più la, nella penombra, la porta della Moschea si chiude alle spalle di tre uomini. Senza fare il benché minimo rumore.


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