I marchi sono quelli famosi e globali, qualche locale sembra fresco d'apertura, in una zona tradizionalmente commerciale ma meno snob e pretenziosa di altre. Le vetrine sono piene di luce anche sul lato della strada che all'ora di pranzo si ritrova più in ombra. Qualcuno punta sullo stile impeccabile dell'esposizione, altri sul prezzo concorrenziale dei prodotti. Qualcuno proprio non riesce ad accontentarsi del suo semplice nome italiano e lo accompagna con un evitabile "bags and shoes".
Non credo che questi negozi siano flagship, come li chiamerebbe chi col marketing ci lavora più di me; ma a parte uno che già dal nome racconta di vendere accessori per ragazze, tutti gli altri sono praticamente deserti, e le commesse sono pure costrette a stare in piedi, per non creare l'impressione dell'abbandono. Uno ha pure la scala mobile che si affaccia quasi sulla strada e gira in continuazione senza anima viva da trasportare. Bella cosa l'orario continuato, gli affari sono una cosa diversa, però. Chissà se è per questo che, al fondo della strada, ci sono pure alcuni spazi sfitti.
Finalmente passo accanto a due persone che stringono le borse dei loro acquisti. Una è stata in una catena spagnola; l'altra nella catena italiana che, mai lo sospetteresti, vuole provare a farle concorrenza. Le osservo bene: sono due turiste.
Magari è una mia impressione, ma neppure i bar mi sembrano pieni. In compenso i marciapiedi, che sono ben più larghi della media di una qualunque città italiana, sono affollatissimi, soprattutto da ragazzi e impiegati. Fa caldo, e c'è anche un tizio che riesce a girare col piumino chiuso fino al collo.
La via (anche se si chiama Corso) è molto lunga. Nulla interrompe la prospettiva, se non qualche semaforo sospeso ed un enorme striscione giallo che pubblicizza un porno shop lì vicino.
Mi infilo in una strada laterale. Sembra isolata acusticamente, le macchine non si sentono più. La via porta il nome di un patriota che non conosco. Dopo un ristorante italo cinese e un bar chiuso, arriva l'incrocio con la via dedicata ad un naturalista, e pure di lui ignoravo l'esistenza. Sul lato di un palazzo annunciano il concerto dei Soundgarden. All'angolo c'è un piccolo giardino pubblico.
Mi fermo su una panchina e ascolto due piccioni che tubano.
Non credo che questi negozi siano flagship, come li chiamerebbe chi col marketing ci lavora più di me; ma a parte uno che già dal nome racconta di vendere accessori per ragazze, tutti gli altri sono praticamente deserti, e le commesse sono pure costrette a stare in piedi, per non creare l'impressione dell'abbandono. Uno ha pure la scala mobile che si affaccia quasi sulla strada e gira in continuazione senza anima viva da trasportare. Bella cosa l'orario continuato, gli affari sono una cosa diversa, però. Chissà se è per questo che, al fondo della strada, ci sono pure alcuni spazi sfitti.
Finalmente passo accanto a due persone che stringono le borse dei loro acquisti. Una è stata in una catena spagnola; l'altra nella catena italiana che, mai lo sospetteresti, vuole provare a farle concorrenza. Le osservo bene: sono due turiste.
Magari è una mia impressione, ma neppure i bar mi sembrano pieni. In compenso i marciapiedi, che sono ben più larghi della media di una qualunque città italiana, sono affollatissimi, soprattutto da ragazzi e impiegati. Fa caldo, e c'è anche un tizio che riesce a girare col piumino chiuso fino al collo.
La via (anche se si chiama Corso) è molto lunga. Nulla interrompe la prospettiva, se non qualche semaforo sospeso ed un enorme striscione giallo che pubblicizza un porno shop lì vicino.
Mi infilo in una strada laterale. Sembra isolata acusticamente, le macchine non si sentono più. La via porta il nome di un patriota che non conosco. Dopo un ristorante italo cinese e un bar chiuso, arriva l'incrocio con la via dedicata ad un naturalista, e pure di lui ignoravo l'esistenza. Sul lato di un palazzo annunciano il concerto dei Soundgarden. All'angolo c'è un piccolo giardino pubblico.
Mi fermo su una panchina e ascolto due piccioni che tubano.