Alzo lo sguardo. Il termometro dice che ci sono 98º F alle 3:33. Continuo a camminare. Finora, lungo la mia strada ho già contato: una pizzeria "Benevento", un negozio di video porno che garantisce di avere i prezzi più bassi della città, un'officina dove comprare vecchie macchine delle polizia, un negozio per noleggiare piattaforme autosollevanti e tutto quello che può servire in edilizia, una palestra dove i battitori di baseball si allenano dentro gabbie, un magazzino dove comprare polli ancora vivi, anche loro in gabbia, e il cui puzzo riesce pure a coprire i gas di scarico che cadono sulla lunga Avenue dall'altrettanto lunga autostrada che la sovrasta e la insegue per alcune miglia. Dopo un'altra ora a passo deciso, arrivo finalmente a destinazione. Scelgo il mio tavolo e mi siedo dove l'ombrellone crea un piccolo spicchio d'ombra pur lasciando filtrare il sole. Con il brusio vale lo stesso un minuto di silenzio alla memoria? A metà pomeriggio la "expressway" che sta alle mie spalle è express solo di nome. Soprattutto in direzione Queens, il traffico sull'autostrada che separa il quartiere benestante di Brooklyn Heights dalla baia è decisamente lento. Sarà forse perché alle macchine sono abituato da sempre, ma non ne sento il rumore, e non solo perché queste si muovono a malapena in un mezzo ingorgo. Da qualche mese, soprattutto quando vengo qui, sto anche abituandomi ad un nuovo tipo di rumore, che ormai considero quasi bianco, un rumore nuovo almeno per me: quello degli elicotteri.