25 gennaio 2014

Go! Go! Go! [ NYC #27 ]

"Il vostro Governatore ha detto che dobbiamo andare a riformare il modo in cui si finanziano le campagne elettorali. Io posso solo aggiungere: andiamo, andiamo, andiamo!". La traduzione forse calpesta lo stile, ma il nostro "forza" non renderebbe così bene il concetto. Il pubblico, che riempie tutta la moderna chiesa evangelica di Saint Peter a midtown Manhattan, applaude a lungo e convinto. Elizabeth Warren, senatrice democratica del Massachusetts, la nuova speranza dei progressisti d'America anche se per ora dice che non correrà per le presidenziali del 2016, è venuta a New York per parlare di denaro e politica e per promuovere la proposta del finanziamento pubblico per le elezioni (che è cosa diversa da quello che intendiamo noi italiani). Ad accoglierla ci sono Letitia James, nuova public advocate cittadina, eletta nelle file del Working Families Party, ed Eric Schneiderman, Procuratore Generale dello Stato di New York, democratico ed amico del Governatore Cuomo.

16 gennaio 2014

C'è ma non si vede [ NYC #26 ]

"Ma, dico, se i milanesi, a Milano, quando c'è la nebbia, non vedono, come si fa a vedere che c'è la nebbia a Milano?". Totò, Peppino e la Malafemmina. Immortale.
A parte la rottura di una condotta dell'acqua sotto la Quinta Strada nel Greenwich Village, conseguente collasso dell'asfalto e ritardi a catena per almeno mezza dozzina di linee della metropolitana. 
A parte l'ennesimo pedone ucciso da una macchina, cosa che capita almeno 150 volte all'anno e purtroppo qui tutti accettano fatalisticamente come prezzo da pagare se vivi in una grande metropoli, anche se il sindaco De Blasio ha detto che tutto ciò è inaccettabile e lui si occuperà subito del problema; e anche se, pur vincendo il confronto sulla sicurezza con il resto delle grandi città americane, New York è assai lontana dalle più virtuose metropoli del mondo.
A parte i festeggiamenti per la ricorrenza del quinto anno dall'ammaraggio di un volo della US Airways nell'Hudson, finito con tutti i passeggeri sani e salvi e un aereo in discarica.
A parte questo, ieri in città non s'è fatto altro che parlare della nebbia. Oggi, calma piatta.
La nuova mania per la nebbia è colpa di Instagram e di tutti quelli che, da un aeroplano o da un grattacielo, sono riusciti a scattare fotografie che hanno invaso praticamente tutte le redazioni cittadine. Ok, devo riconoscere che alcune erano davvero suggestive. Fortunato chi si trovava così in alto da vedere sbucare tra le nuvole bassissime il ponte di Verrazano. Chapeau.
Magari non era così impenetrabile come tra le risaie attorno a Pavia o nelle campagne più desolate della Pianura Padana. Ma anche a Torino la nebbia non scherzava e aveva il suo fascino, soprattutto nelle sere invernali, che davano un'aria spettrale a Piazza Castello. E di giorno era sufficiente salire già solo a Rivoli per vedere la città schiacciata sotto le nuvole. Però il Po non era largo come l'Hudson e nemmeno c'era un porto.
Qui non so nel resto della città, perché New York è davvero un po' larga e le si fa torto a chiuderla in una descrizione punto-e-basta. Ma almeno in quest'area di Brooklyn, dove la baia si stringe prima di sfociare nell'Oceano, puoi anche essere bloccato in casa, puoi anche essere nel buio più completo, ma saprai sempre quando c'è la nebbia: le sirene delle navi non smettono d'ululare.

[P.S. Qui alcune fotografie pubblicate da Ghotamist.com]

07 gennaio 2014

Mai come ora, F R E E Z E R *** [ NYC #25 ]

Nato durante un violento temporale, amo il vento, la pioggia, la neve, il caldo secco e un po' meno l'afa, per via di quel maledetto malditesta che mi viene da quando ero un ragazzino e la sinusite, o una sua parente stretta, mi teneva compagnia. Il tempo non condiziona il mio umore. Il mio umore volge al rabbioso, però, quando sento qualcuno lamentarsi del tempo. È agosto? "Uh, che caldo fa!". È gennaio? "Uh, che freddo fa!". Per favore, taci, fammela 'sta cortesia, uh. E manco ti chiedo di pensare al riscaldamento globale, figurati.
Ma oggi, per una volta almeno, sono io che devo concedermi un eccezione: oggi c'è un freddo davvero brutale, qui si congela. No, no, non è uno scherzo. Il centro meteorologico ha detto di fare attenzione, ché con temperature tra i -14º di stamane e gli attuali meno -12°, che sembravano -21° e  ora -18° per colpa del vento che arriva dal Polo Nord, il rischio di congelamento della pelle diventa reale dopo un'esposizione al freddo per oltre 40 minuti. La vera preoccupazione è per i senzatetto totali, quelli che vivono per strada o nella metropolitana. A New York ci sono 3180 persone che ogni sera dormono dove capita, in qualche riparo improvvisato o sui vagoni dei treni che non si fermano mai nelle 24 ore. 
Il cielo adesso è di un blù intenso. L'Empire State Building si prende il sole e si mette in posa per le cartoline dei turisti. Il vento non è più forte come stamattina. Però se imbocchi la strada sbagliata, l'aria che ti arriva in faccia è ugualmente feroce. Benedico il passamontagna, che sul serio protegge dal freddo. Ma la pressione del mio sangue si fa sentire e punta dove il naso incontra la fronte. 
La borsa della nostra spesa non ha bisogno del frigorifero. Il piccoletto è sepolto nel suo passeggino, sotto qualche strato di vestiti, una coperta e un telo in plastica anti-tutto.  La ragazza dai capelli rossi inizia ad avere rosse anche le guance. Si, credo che sia l'ora di tornare a casa.

05 gennaio 2014

Ma come fanno i newyorchesi [ NYC #24 ]

Marziani. Io non li capisco, i newyorchesi. Siamo arrivati qui a febbraio dello scorso anno, e c'è stata una bufera di neve. Due giorni fa, altra bufera, e siamo appena a gennaio. Venti e più centimetri di neve, vento fortissimo, ghiaccio. Centinaia di voli cancellati. Dall'autunno credo che abbia già nevicato almeno quattro volte. E loro che fanno? Imperterriti, escono di casa con i loro scarponcini alti, quelli fatti per camminare nella neve, si, proprio quelli. Di tutte le forme e colori. Nella metropolitana puoi vedere qualcuno con le scarpe da ginnastica, ma solo perché due giorni dopo, nonostante ci siano ancora ammassi di neve sporca lungo le strade e i marciapiedi, ci sono anche spazi dove puoi camminare senza per forza affondare i piedi. Qualche donna si azzarda a mettere gli stivali alti, per essere un po' più alla moda. Ci fosse qualcuna che provasse a camminare sui tacchi o qualche uomo in mocassini! Oh, magari ci saranno pure, ci devono essere, ecchediamine, in qualche ufficio ultramoderno di qualche super agenzia di pubbliche relazioni o nelle banche di Wall Street. Ma tra il Popolo della metropolitana e il Popolo dei ristoranti di SoHo, proprio non riesco a vederle. Ti credo che poi non sono capaci di lamentarsi se nevica a gennaio e manco riescono ad intonare peana per la primavera anticipata! Tu la concepiresti la neve, che ne so, a Torino? Secondo me, a dirla tutta, non dovrebbero concepirla manco ad Aosta. Loro, marziani, invece concepiscono la neve, le bufere e stanno pure a disegnare mappe per capire come evacuare meglio certi quartieri al prossimo uragano, perché sanno che prima o poi tornerà, eccome, l'uragano. Ma dico io! Lascialo in pace quell'uragano lì, che sarà per i fatti suoi, ancora senza nome, bello lontano e non vuole certo che tu lo chiami con la tua ossessione da pronti al tutto e se è peggio anche meglio. Io l'orecchio lo tendo, e di "f**king snow" non ne sento, forse colpa del casino che fanno i treni in galleria. "Maldita nieve" sarei comunque capace a riconoscerlo, mentre con "他媽的雪" dovrei proprio allungarlo al massimo, il mio orecchio. A leggere i commenti su Facebook, per uno che suggerisce di trasferirsi in Florida, ce ne sono almeno quattro che gli rispondono "no, grazie, preferiamo tutte e quattro le stagioni". Fatti due calcoli, ché qui le analisi statistiche sono ovunque, a un 20%  di commentatori Miami andrebbe sicuramente meglio.

01 gennaio 2014

Bill De Blasio e la Tempesta [ NYC #23 ]

"I tuoi sindaci sono sempre alti", dico al piccoletto mentre insieme fissiamo il televisore sintonizzato sul canale locale della televisione pubblica. "Fassino è alto, e anche De Blasio non scherza". Pochi minuti dopo la mezzanotte del nuovo anno, Bill De Blasio ha giurato davanti alla sua modesta casa di Park Slope a Brooklyn, con la sua famiglia a fare da cornice. Sarà il 109esimo sindaco di New York. A mezzogiorno, davanti alla City Hall, il discorso di inaugurazione e secondo giuramento per le telecamere davanti all'ex Presidente Bill Clinton.
La giornata è stata introdotta da Harry Belafonte, che dal podio non ha perso tempo e, senza giri di parole, ha parlato di disparità razziali, della pratica dello "stop and frisk" che ha colpito soprattutto gli afroamericani e di un sistema di giustizia nazionale che sarebbe simile a quello raccontato di Charles Dickens.
Dickens sarà ricordato come l'involontario fornitore dello slogan che ha permesso a Bill De Blasio di sbaragliare i suoi concorrenti, prima alle primarie democratiche e poi nell'elezione di novembre. Il "racconto delle due città" ha fatto breccia nell'elettorato che ha deciso di andare a votare. Perché non dobbiamo dimenticare che in questa nazione si reca alle urne solo una minoranza della popolazione, quella che ancora non ha perso fiducia non tanto nei partiti politici quanto nella politica in senso lato.

Mamma li Americani



Da fine gennaio Fiat diventerà proprietaria di Chrysler al 100%. Domattina dall'Italia ci spiegheranno il perché e il per come. Ci saranno commenti pronti a spiegarci quel che noi ingenui non abbiamo capito, le mosse segrete, i significati invisibili, le minacce future, quelle minacce che da anni continuano a rimanere noiosamente future. Tranquilli, amici: qualcosa sull'IPO Chrysler, sulle azioni detenute ancora dal fondo pensionistico VEBA e sul desiderio di Fiat di acquisire il pieno controllo della casa automobilistica di Detroit, lo avevamo intuito, e non per meriti particolari: era sufficiente leggere qua e là, magari fuori dalla solita rassicurante cerchia dei presunti esperti del settore automotive (soprattutto di quelli con ambizioni politiche). Che l'IPO fosse improbabile, per esempio, era già cosa chiara quando a settembre alcuni commentatori americani spiegavano che il prospetto, sottoscritto solo da una banca d'affari (fatto anomalo, perché nelle IPO tutti vogliono provare a guadagnare qualcosa), era un chiaro invito ai potenziali investitori a tenersi lontani, pena lo svuotamento di Chrysler da parte di Fiat. La minaccia sembrava un azzardo, se non un conflitto d'interessi, visto che Torino era già a capo di Detroit. Ma con i soldi qui negli States non scherza nessuno, perché non si trattava di una partita di poker ma dei trattamenti pensionistici di milioni di lavoratori del fondo VEBA, il quale forse non voleva proprio correre il rischio di perdere. E si, perché a questa latitudine, diversamente da quel che si pensa in Italia, tutti i commentatori economici  ritengono che Fiat abbia sicuramente bisogno degli utili di Chrysler, in quanto il mercato americano cresce mentre quello europeo, e italiano in particolare, è in caduta; ma ritengono altresì che Chrysler, senza la tecnologia apportata da Fiat, sarebbe già scomparsa da tempo. Quest'ultimo aspetto è quello che ha sempre fatto urlare "al lupo" gli osservatori italiani, terrorizzati che Fiat potesse diventare americana.