"Certo, però, che un piccolo diario di questi giorni avresti potuto scriverlo". Non scherza. Lo so che Fratello di Vespa non sta affatto scherzando. Guardo in basso dalla vetrata che affaccia dritta su Union Square. Se ci fosse qui anche il mio piccoletto gli direi di alzare lo sguardo e guardare lassù, la punta dell'Empire State Building. Stasera è illuminata di bianco e lui, qualche volta, sbaglia nome e la chiama Mole. No, piccoletto mio, non è la Mole Antonelliana, quella sta dove sei nato. E, per fortuna tua, adesso sarai a casa a dormire. Almeno tu... Noi, invece, siamo ancora in giro ad un'ora in cui i ragazzini dovrebbero essere a dormire e i grandi, a loro discrezione, potrebbero sprofondare nel letto o addormentarsi sul divano davanti alla tv o aspettare che dalla doccia si materializzi una ragione che sussurri un argomento convincente per rianimarsi. I due figlioli di Fratello di Vespa non sembrano aver gradito particolarmente la cena. Il più grande, da buon figlio di un napoletano di nascita, proprio non riesce a trovare uno stimolo che sia uno per mangiare la pizza che ha davanti al naso. Da giorni va ripetendo che New York non è proprio nota per la pizza. Che dovrei dirgli, io? Che alcuni milioni di newyorchesi, almeno quelli doc da generazioni e non i trapiantati dall'Ohio, considerano la pizza una cosa loro, che ha trovato quaggiù la sua massima espressione anche se a Napoli si sono inventati la Margherita? E che questo capita perché questa città è da più di cent'anni un tritacarne d'immigrati planetari, italiani compresi? Fugghedaboutit. Con i suoi dieci anni non potrebbe che mandarmi a cagare, anche se il suo babbo fa di tutto perché lui non impari a dire le parolacce. Il fratello più piccolo, che adesso di anni ne ha sette, non l'ha mangiata con migliore entusiasmo. Ma la fame e il piacere di contraddire il fratello maggiore hanno vinto le argomentazioni sulla qualità del formaggio.
29 agosto 2014
09 agosto 2014
Direzione Washington D.C. [ NYC #36 ]
Ho provato a fare meno rumore possibile e a darle un bacio quando ancora era a letto. Ma la Ragazza Dai Capelli Rossi ha voluto comunque salutarmi sulla porta di casa prima che partissi.
Alle 6 del mattino davanti alla stazione della metropolitana c'è già una montagna di carta, bottiglie di plastica e rifiuti vari. Non perché la Chinatown di Brooklyn sia già iperattiva alle 6 del sabato mattina. No, semplicemente perché nessuno è passato a raccogliere la spazzatura ed assai difficile che lo farà durante il resto della giornata. Se pensi di vedere questa scena solo quando sei lontano dalla New York immaginaria che ogni film o video musicale ti propina, sei fuori strada. Attorno a Herald Square, quaranta minuti più tardi, il panorama igienico non è poi così diverso. Solo che il turista punta beato sempre il naso all'insù, anche a quest'ora, perché a ragione vuole godersi tutte le punte dei grattacieli. Se abbassasse un po' la testa potrebbe contare gli scarafaggi sui marciapiedi prima che la folla li nasconda. Get outta the way.
Il turista a New York può essere mattiniero, perché non vuole perdere un solo minuto della sua esperienza in città. Oppure può essere semplicemente un turista europeo appena arrivato, il cui jet-lag lo costringe a mettersi in marcia già all'alba perché il suo fisico pensa che qui sia mezzogiorno. Io faccio parte della terza categoria. Oggi sono costretto ad essere mattiniero e non soffro alcun fuso orario. Ho solo un autobus che parte alle 7.30 da Midtown e non posso perderlo. Prima che Antonio si trasferisca per sempre da Torino a Berlino (perché io scommetto che sarà così), vado a trovarlo a Washington D.C., dove sta per finire il suo lavoro di tre mesi alla biblioteca shakespeariana. La levata antelucana oggi non mi pesa.
05 agosto 2014
Spada Il Pesce [ NYC #35 ]
Sfido chiunque altro a fare delle bolle gigantesche di sapone come quelle che fa la mia Ragazza Dai Capelli Rossi. "Noooo!!! Guarda che roba!!". Strabuzzo gli occhi e non riesco a trattenere il mio stupore! Nemmeno ora che scrivo e ci ripenso! Anche il Piccoletto esprime la sua meraviglia quando vede le bolle che mamma riesce a fare. Ma lui con quelle urla acute di gioia che avranno sicuramente svegliato il figlio dei vicini, di un anno più grande, mentre noi abbiamo preso questa insana piega estiva per cui prima delle dieci non se ne parla di metterlo a letto, anche perché prima siamo sicuramente da qualche parte in metropolitana o a mangiare za'atar libanese guardando il tramonto sulla baia. Questa sera siamo a casa e abbiamo finito cena da poco. E siamo tutti belli contenti.
Fare le bolle di sapone è un'arte. A quanto pare io non la conosco manco di striscio. Le mie bolle fanno schifo, sono piccole quando va bene e sembrano dei dodecaedri quando non so nemmeno io come sia stato possibile farle venir fuori in quel modo. "Dipende da come soffi", mi dice la Ragazza Dai Capelli Rossi. Figurati se il problema non era di nuovo quello. Ieri pomeriggio avevo provato a suonare il suo flauto. Suonare è un termine forte, ok. Diciamo che avevo almeno provato a soffiarci dentro. Il piccoletto lo aveva indicato lassù, sulla libreria. Credo lo abbia anche nominato ma io ci ho messo un po' a capire. Nonostante dica ancora poche parole, la sua pronuncia inglese è comunque migliore della mia, poche palle. Quando indico il suo piedino io dico "to", mentre lui mi fissa e riesce tranquillamente a dire "toe". A mia parziale giustificazione vorrei portare, se posso, la mia non più giovane età per imparar le lingue e il fatto che la pronuncia newyorchese, quel miscuglio creato dagli immigrati irlandesi, dagli ebrei scappati dall'Est Europa e dagli italiani scappati dalla loro miseria, è anni luce lontana da quella roba che ci insegnava alle medie l'insegnante d'inglese di cui sbirciavamo le gambe sotto la cattedra. Fugghedaboutit.
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