Ogni volta che ci vengo, non posso fare a meno di notare quella grande foto della laurea e immaginare l'orgoglio dei suoi genitori, che con tre lettere dorate e un punto hanno voluto ricordare per sempre il loro giovane avvocato.
E' maledettamente freddo, buio, un lungo corridoio con lapidi e fiori, in questa mattinata attraversato solo da aria gelida e da qualche donna che piange.
Lasciandosi alle spalle il campo D, la prima cosa che si nota è l'enorme croce, la si può vedere da ogni punto del cimitero di Torino Sud. Subito dietro, le due ciminiere della fabbrica. Una sbuffa, l'altra è spenta. Se solo una telecamera entrasse qui oggi, con questo sole asfittico, la retorica su Mirafiori diventerebbe davvero immortale.
Non mi piace venire a trovare mio padre qui, per me lui è rimasto davanti alle sue rose, l'ultima cosa che ha visto. Sono passati quasi undici anni e io, stamane, ero troppo vicino a questa strada per non subire un senso di attrazione e colpa.
La notte mi ha lasciato un sapore dolce, che ho paura di perdere. Questi dieci anni, invece, non li posso più perdere, sono lì. Ieri sera, mentre rientravo da Roma, una giovane hostess ha urtato involontariamente il mio ginocchio. "Scusami!".
E' sempre più difficile, in situazioni simili, che qualcuno mi dia del tu, facendomi sentire giovane.
Non c'è riuscita nemmeno lei.
Ma ho pensato che "every little thing gonna be all right".
E la sto ancora canticchiando.