16 dicembre 2012

DIARIO MINIMO DA MIAMI - 10 - La tragedia di Newtown

"Rendere ciascuno di noi indifeso non è la risposta per mettere fine a tragedie come quelle della scuola di Newtown". Per noi europei questa frase è incomprensibile. E quand'anche riuscissimo a comprenderla, difficilmente riusciremmo a condividerla. In genere, noi non pretendiamo un diritto all'autodifesa, pretendiamo che sia qualcun altro a difenderci.
A parte le situazioni in cui l'assenza dello Stato spinge le organizzazioni di stampo mafioso ad offrirci una protezione non richiesta e non gratuita, noi deleghiamo lo Stato a difenderci dalle minacce che arrivano non solo dall'esterno ma anche dall'interno delle nostre società.
Alcuni di noi vorrebbero una maggior prevenzione delle cause sociali ed economiche che generano queste minacce; ma quasi tutti accettiamo che vi possa essere anche solo la repressione di comportamenti ritenuti minacciosi, nonostante la troppo discrezionalità spesso lasciata a chi deve decidere cosa sia minaccioso.
Di fronte a un ventenne affetto da disturbi della personalità, che in una scuola elementare del Connecticut, a 100 km da New York, ha ucciso 20 bambini e 6 adulti prima di suicidarsi, tantissime persone, qui negli Stati Uniti, esprimono pietà e orrore per questa tragedia ma non rinunciano a quello che considerano un loro ovvio diritto naturale: il diritto all'autodifesa, che si traduce in primo luogo nel diritto a possedere un'arma e di usarla, se necessario, per proteggere se stessi, i propri cari o i propri beni.
Limitazione alla vendita delle armi da fuoco, controllo sulle armi attualmente in circolazione, servizi pubblici per la salute mentale, sono solo alcune delle proposte che in queste ore stanno riprendendo forza tra l'opinione pubblica americana e occupano tutti gli spazi di discussione, pubblici e privati. A questa visione laica, che attraverso un approccio razionale tenta di reagire alle morti di Newtown con una proposta di riduzione dei rischi, se ne contrappone una religiosa, diffusa soprattutto tra chi ritiene che non vi sia un legame diretto tra la massiccia diffusione di armi tra i cittadini e le tragedie che si ripetono quotidianamente (anche se solo le stragi come quella del Connecticut finiscono sui media nazionali statunitensi). Secondo questa visione religiosa, non servono controlli sulla diffusione delle armi bensì un ritorno di Dio nelle scuole, come accadeva anni fa, quando c'era un momento per la preghiera o per la riflessione spirituale prima delle lezioni: solo il timore di Dio e il contrasto alla crescente secolarizzazione fermeranno la violenza.
In Europa celebriamo le nostre libertà personali, siamo pronti a difenderle quando pensiamo siano attaccate da apparati di Stato troppo invadenti, se non repressivi; anche se poi conviviamo con altri apparati paternalisti dello stesso Stato, che si prendono cura di noi dalla nascita alla morte, spesso indebolendo il nostro senso di responsabilità verso gli altri e verso una collettività da cui pretendiamo supporto ma da cui ci dissociamo appena pretende che noi ne condividiamo i costi. Insomma, in Europa vogliamo la Libertà, ci fa comodo che sia difesa dallo Stato ma con troppa frequenza non vogliamo pagarne un prezzo, che si chiami tassa per pagare le auto della Polizia che difende il mio diritto patrimoniale o biglietto della metropolitana che garantisce la mia libertà di movimento.
Negli Stati Uniti, dove lo Stato ha una presenza assai meno pervasiva, soprattutto nella sfera economica, e dove il principio di libertà è reclamato costantemente, pur se talora è utilizzato per nascondere quegli squilibri sociali che invece in Europa sono nascosti da un welfare inefficiente e incapace di risolverli, la responsabilità ha una connotazione diversa: se appartengo ad una comunità, e non c'è un grande soggetto pubblico che si prenda cura di noi in ogni momento, è anche nel mio interesse dovermi fare carico del benessere di questa comunità, che sia la scuola per cui raccolgo fondi da destinare alla sala di musica o i vicini di casa a cui offro le mie competenze nella riparazione di un impianto elettrico. Responsabilità a fronte di maggiore libertà, questa la moneta di scambio. E la libertà pretende pochissimi limiti. Per questo si può chiedere la massima libertà di impresa, limitata da poche regole, così come si è arrivati a chiedere e ad ottenere, in nome della Costituzione, anche la libertà di difendere con le armi la propria vita, quella dei famigliari e il proprio patrimonio, confidando nella responsabilità di chi esercita questa libertà, magari attrezzando un arsenale in casa propria. Ma oltre a chi, per usare un eufemismo, ha un'idea assai blanda di responsabilità, e varca i limiti della libertà altrui all'integrità fisica senza remore, c'è anche chi non ha la benché minima coscienza di questa responsabilità, della propria libertà e, con estrema probabilità, non avrebbe coscienza nemmeno di un intento educativo basato sul timore di Dio. Un'intera comunità nazionale che, per difendere un principio di libertà, e affidandosi alla sola buona volontà degli individui, non riesce ad impedire che anche soggetti pericolosi possano procurarsi e usare con semplicità un'arma da fuoco, si espone ad un costo elevato. Ma a Newtown, in realtà, e come in altre stragi simili, questo costo è stato pagato solo dalle vittime, 20 bambini e 6 adulti, con l'unica moneta disponibile: le loro vite. Nel prossimo futuro è probabile che venga ulteriormente pagato, con il terrore dei sopravvissuti, delle loro famiglie e dell'intera comunità di quella piccola città. Fino a quando, semplicemente affidandosi ad una preghiera riparatrice, milioni di americani saranno disposti a scaricare questo costo solo sulle vittime della follia omicida?

(La fotografia è tratta dal sito di ABC News, http://abcnews.go.com/t/index)


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