26 dicembre 2008

Mentite spoglie

È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo

Dieci minuti a mezzanotte. Non del 24 ma del 26.
Non è davvero un anticonformista, questo Babbo Natale che arriva alla fine di Santo Stefano. Semplicemente il destinatario dei regali s'è presentato all'appuntamento con due giorni di ritardo. Il piccoletto non lo sa, ma era proprio Babbo Natale quello che oggi pomeriggio è andato a recuperarlo a Porta Nuova e l'ha portato tra le montagne, innevate come devono essere le montagne a Natale, punto e basta.
“Babbo Natale arriva solo quando vai a dormire”.
Il piccoletto esegue l'ordine senza fiatare. È in piedi dalle 6 e mezza di stamane e per arrivare da Anzio s'è fatto 9 ore di treno e una di auto.
Babbo Natale, ancora in abiti borghesi, affetta indifferenza leggendo il suo giornale preferito mentre il piccoletto gli dà il bacio della buonanotte. No Babbo, non puoi scioglierti proprio adesso, devi correre a prepararti.
Scende le scale al buio e quasi va a stamparsi sul pianerottolo. Raggiunge l'armadio e ne estrae la sua divisa d'ordinanza. Si veste lentamente, come se dovesse affrontare il suo primo colloquio di lavoro. Nulla è lasciato al caso: con una spilla da balia chiude il colletto della giacca e, per precauzione, toglie la sua preziosa collanina con le due pietre. Non la toglie praticamente mai, per nessuna ragione al mondo, neanche se deve andare ad un appuntamento con qualche persona importante, neanche quando sa che in quell'occasione l'abito farà il monaco, eccome. Ma stasera non sono ammessi errori. Se il piccoletto si accorge che suo zio è Babbo Natale, dovrà cambiare mestiere e volare per il resto dei suoi giorni su una slitta tirata da renne.
“Io non riesco a ricordarlo. Tu ricordi quando hai scoperto che Babbo Natale non esisteva?”, aveva chiesto la sorella poco prima d'arrivare in montagna, mentre il piccoletto era caduto nella sua consueta catalessi da macchina.
“Si. Stavo giocando sul divano nel retro del negozio. La porta di divisione era aperta e la tenda non era completamente accostata. Così ho visto papà mettere un pacco sotto l'albero di Natale che stava dietro la vetrina”. Bella la sorpresa e bellissima la betoniera dentro la grande scatola.
Bene, ora i pacchi ci sono tutti, quello grande della nonna e quelli piccoli dello zio. Azione.
Suona il campanello e gli aprono la porta in silenzio. Entra nella stanza del piccoletto, al quale era bastato appoggiare la testa sul cuscino per perdere conoscenza. È buio, entra solo la luce da una camera vicina.
“Guarda chi c'è”, gli dice la mamma. Lui stropiccia gli occhi, sta un po' in silenzio e poi:
“...Babbo Natale...”.
Più che Babbo Natale sembra Armstrong quando posò piede sulla luna: è muto, si muove al rallentatore e fa una sorta di benedizione con la mano destra quando se ne va. Non prima d'aver lasciato i pacchi, ovviamente, la sua unica missione.
Mentre il piccoletto inizia a scartare, Babbo Natale si ritira nella sua camera. Ma come faceva Clark Kent a spogliarsi come niente nella cabina del telefono? Via giacca e pantaloni, nascosti in un angolo inesplorato dell'armadio. Oh cavolo, il berretto rosso è rimasto sul letto. Porterà jella?
Forse dovrei scrivere di nuovo anch'io a Babbo Natale.

2 commenti:

  1. Auguroni a te Ado-nonimo! E alla tua allegra metà.
    Abbiate fede, mi vedrete presto nella Città Eterna...

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