22 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 4 - Dushanbe, Brooklyn

È grande come Milano, ma qui a Brooklyn la popolazione è quasi il doppio. Dice che a Milano un sesto della popolazione è d'origine straniera, ma a Brooklyn questa è semplicemente la regola. Dice che nell'intera New York si parlano qualcosa come 800 lingue (e se lo dice il New York Times, citando imprecisati esperti, ci devi comunque credere sulla parola, come fanno tutti quelli che ne traducono spudoratamente interi articoli indicandolo a malapena). E tra i cinque distretti della grande città, Brooklyn è quello dove la diversità culturale è maggiore, ma dove ancora oggi è possibile trovare quartieri che sono delle vere e proprie isole etniche, impermeabili alla contaminazione che sta invece trasformando a pieno ritmo le aree di tendenza.
C'è un posto che rappresenta plasticamente il cambiamento che può arrivare dalla riqualificazione territoriale e dove questa contaminazione è visibile e scorre come un fiume che solo di tanto in tanto riesce a lasciar gli argini.

18 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 3 - Antipasto

Sam si è da poco laureato in informatica forense, e ci racconta che qui ci sono anche case da sei milioni di dollari, soprattutto lungo la baia. Ritchie, il padre, sgrana gli occhi quando sente che ancora per qualche settimana alloggeremo a Crown Heights. Ci racconta che appena arrivato a New York dalla Jugoslavia, Crown Heights è stato il primo quartiere dove ha vissuto, per circa due anni. E dopo poco giorni, il quartiere era già sulle pagine dei giornali, per un duplice omicidio nella metropolitana. Posto controverso, Crown Heights, dove ancora oggi la divisione tra gli isolati dove abita la comunità ebraica e quelli dove abitano gli afro-americani è netta, anche se la contrapposizione non è più quella drammatica e violenta dei primi anni '90. Adesso, però, Ritchie e la sua famiglia abitano a Bay Ridge.

14 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 2 - Let the music play

Grandi, piccole, bianche, nere, o colorate. Cuffie per ascoltare musica o coprire il frastuono delle carrozze, soprattutto se il viaggio è interminabile. In metropolitana la musica è ovunque, anche fuori dai treni. Nel mezzanino della stazione di Washington Square un giovane break-dancer si esibisce solamente per i suoi tre amici che lo fissano impalati e per noi che facciamo avanti e indietro col passeggino del pupo alla ricerca di un ascensore. Alla stazione di Jay Street un musicista solitario invade l'intera banchina col suono nervoso del suo sassofono, e noi nemmeno ci proviamo a proteggere le orecchie del pupo. E per quale ragione, poi. Tutto serve a dimenticare quanto sia sudicia la metropolitana della Capitale del Mondo, anche la musica non richiesta. Comunque, a me il sassofonista piaceva.

09 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA NEW YORK - 1 - La cosa giusta

A parte la ragazza che sfreccia sulla pista ciclabile di Dean Street con tanto di caschetto, i tre poliziotti alle prese con le macchine in sosta vietata davanti al nostro palazzo, e a parte noi, per queste strade non è proprio comune trovare dei bianchi, sono una netta minoranza anche qui a Crown Heights. Prendendo Nostrand Avenue, solo due isolati per arrivare a Bedford-Stuyvesant, Harlem che va a Brooklyn.
C'è già andata da un pezzo, a dire il vero, e ora cerca sempre nuovi spazi nei quartieri limitrofi. Crown Heights e Bed-Stuy sono separate dal rumore ininterrotto di Atlantic Avenue: in alto, sulla vecchia sopraelevata in acciaio, corre la ferrovia per Long Island; in basso, provano a scorrere le auto, ore di punta permettendo. Lontani i tempi delle rivolte razziali, e nonostante la crescente gentrificazione, Bed-Stuy rappresenta ancora il centro principale della cultura afro-americana a Brooklyn. Da Notorius BIG (Biggie, per gli amici) a Jay-Z, l'hip-hop passa da qui. A Herkimer Street un murale ricorda i principali leader neri, da Marcus Garvey a Bob Marley a Malcolm X. Basta risalire Nostrand Avenue per intuire le attenzioni speciali che la polizia ha sempre dedicato a questa zona.

06 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA MIAMI - 20 - Say Goodbye To

Le palme, dappertutto. E poi le case basse e le nuvole sospese come cuscini. La I-95, sempre. La US1, pure.
Little Saigon e Thai II a North Miami Beach. Ma soprattutto Laurenzo's, a NMB, e il giorno delle elezioni allo Uleta Center. Il taglio di capelli da Zito's, un po' meno. Flashback Diner. Le corsa dei cavalli al Gulfstream. Il lungomare di Hollywood Beach. Ocean Drive Villas. Le meduse. L'afa a dicembre. L'inverno lungo quattro giorni. La luna su Connecticut Street. Barnes & Noble a Fort Lauderdale. Il Design District. Michael's Genuine, il Ristorante. Le luci dei grattacieli di Downtown. Le strade di South Miami. L'Art Basel. Pizza Rustica a Lincoln Road. Il bowling sulla Dixie Highway. Le partite degli Heat su Sun. Il ristorante Versailles, cubano. La scuola elementare di Pinecrest. L'atollo del Matheson Hammock Park. Il piccolo lago di Palmetto Estates.
Le impronte digitali, incrociando le dita, e tutto quello che sto dimenticando,
Nelle valigie per New York c'è dentro anche Miami.

03 febbraio 2013

DIARIO MINIMO DA MIAMI - 19 - Ai Ravens il Superbowl XLVII

"Oh! Ma sembra il fratello di quello dei 49ers!".
Un mese fa nemmeno sapevo che l'allenatore dei Ravens, John Harbaugh, avesse davvero un fratello, e che quel fratello fosse l'allenatore dei 49ers, Jim Harbaugh. Stasera papà e mamma Harbaugh sono in tribuna a New Orleans, tirati a festa, per godersi lo spettacolo dei loro figlioli nella partita dell'anno: Baltimore Ravens contro San Francisco 49ers, Superbowl numero 47. Ma qui, per rendere più epico il tutto, si usano i numeri romani: XLVII.
A metà partita i Ravens sono sopra di quindici punti, 21 a 6. Capisco poco di football americano, ma secondo me solo loro possono perdere questa partita. Il quarterback di San Francisco, Colin Kaepernick, che aveva fatto cose grandi durante tutta la stagione, stasera è andato in crisi dopo nemmeno un minuto, con un pessimo drive che ha regalato subito la palla all'attacco di Baltimore. Ed ha proseguito anche peggio, facendosi intercettare in momenti cruciali.
Non ho sentito Alicia "Parsley" Keys cantare l'inno nazionale (anche se dall'Italia l'amico Bit mi scrive che l'esecuzione è stata penosa). Dopo la figuraccia rimediata il giorno dell'insediamento di Obama, dove le sue labbra erano evidentemente fuori sincrono, Beyoncé è la protagonista dello spettacolo di metà gara. Ascoltando l'interminabile medley, ho capito che tutte le canzoni che ho cercato di evitare in questi anni erano sue.

DIARIO MINIMO DA MIAMI - 18 - Sedazione cosciente

Per i me i musical sono ancora quelli di Fred Astaire e Ginger Rogers, e lì si son fermati. Ma a scorrere la lista dei titoli disponibili, ho pensato che vedermi "Chicago" sarebbe stata la scelta migliore. Vedere si fa per dire. La visuale non era proprio libera e anche l'audio, se è per quello, non sempre arrivava all'orecchio: colpa del trapano, credo. Se poi hai il sonno facile, una poltrona comoda è quello che ti serve per non arrivare nemmeno alla fine del primo tempo. Eppure, ha avuto ragione lei: le donne belle c'erano e la musica era fuori discussione. E non ho nemmeno dormito. Completamente sdraiato sulla poltrona reclinabile e con lo sguardo fisso al soffitto, ho diviso le mie attenzioni tra Renée Zellweger e il lavoro della mia nuova dentista.