30 novembre 2007

Ufficio pubblico

Elogio del telelavoro

Ci sono i frequentatori abituali.
Un gruppo di anziani signori, in genere, occupa lo spazio più vicino all'ingresso, un angolo con vista sulla fontana della piazza. Non lo cedono per nessuna ragione. Quando non fanno gruppo, almeno uno di loro presidia la posizione. C'è quello che si veste come un ragazzino, con il suo moncler blu. "Te lo ricordi Eder??! Che Brasile, quello! Uno dei più forti di tutti i tempi... Non so ancora come siamo riusciti a batterlo!". Uno dei ragazzi che sta dietro al lungo bancone, lo guarda sorridendo: lui manco era nato nel '82. C'è anche un vecchio signore che non si toglie mai il cappotto né il cappello, e legge il giornale con la sua lente d'ingrandimento. Imperturbabile.
Ci sono quelli che entrano per un caffè veloce, si, mapossiiibilmenteeeintazzagrandeconacquacaldaapartepercorteeesia.
Ci sono i turisti che cercano di aprire le piantine sui piccoli tavoli.
Ci sono i ragazzi che amoreggiano dietro una specialità al cioccolato e meringhe.
Ci sono quelli che tengono le loro riunioni di lavoro davanti a MacBook dalle batterie interminabili.
Una multinazionale che offre uffici arredati di tutto punto e dotati delle migliori tecnologie ha aperto a due passi la propria sede torinese.
Sarà per l'arancione delle pareti, sarà per il verde scuro dei tavolini, sarà per il caffè, sarà perché Emanuele e Andrea mi trattano meglio del migliore dei clienti, sarà perché ci sono i Groove Armada in sottofondo; ma il Caffè di Roma di Piazza Solferino è il mio ufficio preferito.
Certo, il "gran capo" non ne vuole sapere di mettere il wi-fi, dice che troppa gente si addormenterebbe al tavolino col pc (ribatto: "Ma dai!! Chi vuoi mai che possa passare tre ore a lavorare in un bar! Ma figurati... si, si figurati proprio... ma pensa te!! Ma come puoi credere... il Wi-Fi? No, eh?).
Ci si deve arrangiare.
Siano lodate le "connet card brodbend".

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