04 febbraio 2015

Maestro Ghiaccio [ NYC #44 ]

Mai troppo tardi per imparare


L'avviso è chiaro: non camminare sulla superficie del lago perché il ghiaccio è sottile. Le ragazze non mi sembrano farci caso più di tanto. Non ci ballano sopra, si muovono con circospezione, ma sono ben al di là di quella che io considero la soglia della mia personale sicurezza. Credo sia più curiosità che non sfida all'orgoglio maschile malmenato quella che porta anche me ad appoggiare i piedi un metro oltre la riva. L'impressione è che la superficie del lago, ghiacciata e coperta di neve, sia decisamente più solida dell'ammonimento del cartello. Ma l'idea che le mie gambe, da un momento all'altro, possano affondare anche solo in cinquanta centimetri di acqua gelida mi sembra un motivo valido per una ritirata strategica. Tanto, non credo che qualcuno stia facendo caso a me.

A parte i viali principali, le piccole strade che si snodano lungo tutto Prospect Park sono coperte di neve ghiacciata. Nelle aree più interne di questo immenso bosco non c'è anima viva e Brooklyn sembra scomparsa. Cammino lentamente, mi fido davvero poco della suola dei miei anfibi, è ancora meno della mia attenzione. Quando non ho lo sguardo perso da qualche parte, fisso il mio telefono per cercare la colonna sonora adatta all'umore del momento. Una benedizione che poi sia Rdio a scegliere per me. 

Ho ancora la tentazione di scattare fotografie con il telefono, soprattutto quando vedo qualcuno seduto sulla neve accanto ad un albero o i ragazzini pattinare sulla pista coperta solo da un cielo stellato finto. La tentazione è ancora più forte quando vedo spuntare gli abiti nerissimi di due ebrei ortodossi dall'orizzonte completamente bianco. 

Ma la vita a New York mi sta insegnando una cosa. Farsi i cazzi propri non è bello solo per gli altri, ma soprattutto per se stessi. 
Sento che almeno questo traguardo è vicino.

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