15 agosto 2013

OUTER SPACE

Due finestre, una porta scorrevole, una porta a vetri, un tavolo con il computer, un letto a due piazze. Al fondo di quella che nelle ultime  due sere è stata la nostra stanza a Chesapeake, Virginia, c'era anche il bagno, che però era cieco. Occhio e croce, la lunga camera per gli ospiti e il bagno messi insieme avevano la stessa dimensione di casa nostra. Solo che nel nostro appartamento a Brooklyn, nello stesso spazio, ci entrano: due camere da letto con armadi a muro ricavati chissà come, poi un bagno, un soggiorno e quello che io definisco un ampio angolo cottura.
"Crescere un bambino in un appartamento a New York è come far crescere una quercia in un ditale". Si presentava così, con enormi cartelloni su alcuni palazzi di Manhattan e con lo slogan pubblicitario forse più azzeccato della primavera, una delle tante compagnie che offrono spazi per depositare tutto quello che non riesci a tenere dentro casa. Insieme al costo degli affitti, lo spazio è uno delle principali ossessioni a New York, dove Bloomberg, il sindaco in scadenza, ha lanciato una gara tra gli architetti per creare il micro-appartamento perfetto, sostenibile e pure a basso costo. Anche quando il reddito ti emancipa finalmente dal monolocale, il tuo appartamento avrà sempre delle dimensioni lillipuziane rispetto alla casa di una famiglia media americana e la cantina sarà un miraggio, così come la lavatrice.
Per il newyorchese medio portare i vestiti in lavanderia è la regola e, se hai fortuna, vicino casa tua puoi trovare lavanderie aperte 24/7 che offrono anche wi-fi e aria condizionata. Ma è meglio che non ci fai troppo affidamento, sulla fortuna. Parigi bohémienne? Avranno pure il copyright, loro; ma è a New York che trovi impianti idraulici incapaci di reggere la portata di un'innovazione rivoluzionaria come la lavatrice, i condizionatori chiusi tra finestre e la gente che vive nei piani interrati dei brownstone. E non sono mica tutti dei poveracci quelli che fanno questa vita. Magari dei Tassisti Più Reazionari Del Mondo, che non si sono ancora ripresi dalla fine dello scorso secolo e che hanno provato in tutti i modi ad opporsi alle applicazioni per cercare un taxi con lo smartphone, parlerò un'altra volta.
Chesapeake, vicinissima al North Carolina, si trova in Virginia solo per lo spazio insignificante di qualche miglio. Per arrivarci devi percorrere le ultime 20 miglia tra 2 tunnel e 2 interminabili ponti distesi sulla baia che porta lo stesso nome della città. A Chesapeake la famiglia media vive in una casa con due bagni, quattro camere da letto, cucina, soggiorno e salotto. Circondata dal giardino. Magari è normale, senza lusso alcuno, ma è spaziale. Quella di Ray, Tammy e delle loro due bambine è una casa così, accogliente, e c'è un grande ingresso dove si muovono liberamente due cani. Ho accompagnato Ray a comprare una confezione di caffè. Ovviamente ci siamo andati in macchina, perché lo spazio che ci separava dallo Starbucks dove volevamo comprare quell'intensa miscela guatemalteca distava circa quattro miglia.
Prima di arrivare a Chesapeake abbiamo passato due notti a casa di Helen ed Everett e dei loro due gemelli. Lei di New York, lui di Chicago, anche se non fanno i contadini hanno deciso di comprare una vecchia fattoria a Stockton, piccolissimo paese vicino alla Virginia e che si trova nel Maryland solo per lo spazio, insignificante pure lui, di qualche miglio. La casa di Helen ed Everett ha richiesto tanto lavoro, ma ora è accogliente anche lei. Due piani e il grande spazio per all'aperto per una piscina. Gli agricoltori fondamentalisti della zona forse guarderanno storto Everett e la sua piscina, ma lui era un nuotatore capace di arrivare anche a 7 miglia al giorno in vasca. Adesso si accontenta di un solo miglio, pari a 90 vasche dove i suoi piccoli nuotano con il giubbotto salvagente e io ho fatto fare il cimento al mio piccoletto tenendomelo bello stretto in braccio. Chi ci ha guardato storto, anche per colpa della vecchia targa gialla e nera della nostra macchina a noleggio, che ti identifica al volo come il forestiero newyorchese, sono stati sicuramente alcuni proprietari delle poche case abitate lungo la strada che porta a Pocomoke City (lo so avrei potuto usare l'aggettivo "rare", ma "poche" vicino a "Pocomeke" era un richiamo irresistibile. Amen). Anche noi li abbiamo guardati storto, soprattutto quello che aveva l'antenna parabolica grande quanto quella di un radar militare. Se ripenso alla sera prima, e alla dozzina di spari sentiti per la campagna, immagino che siamo siamo stati anche piuttosto fortunati a non finire nei casini. Ma sicuramente esagero. Quel che è vero è che una parte di Stockton è un paese fantasma, con case abbandonate e un paio di microscopici cimiteri, fatti di qualche manciata di tombe sparse qua e là. Superato il confine statale, nel primo tratto della Virginia, l'impressione non cambia di molto: visibili le case diroccate e tante case mobili, abitate per lo più da afro-americani ed altri poveracci che lavorano nei campi, a due passi da ville nuove di zecca. Tutto nello spazio di un paio di miglia, lungo quel tratto della US13 che prende il nome di Lankford Highway. A meno di quindici miglia da lì, a Wallops Island, c'è un centro della NASA, riconoscibile dalle enormi antenne paraboliche e dai piccoli missili spaziali all'esterno del centro per i visitatori. Non so se c'entri qualcosa, ma ai bordi delle strade che costeggiano il grande centro di volo si trovano tantissimi uccelli morti.
Per arrivare in questo punto sperduto del Mayland siamo passati da Philadelphia, la prima Capitale, la città dell'Indipendenza, di Benjamin Franklin, della Storia Americana Maiuscola e di tutto quello per cui non bastano poche ore di visita e per questo noi ci ritorneremo di sicuro. Ma per me, in questo viaggio centellinato verso Miami, Philadelphia è soprattutto la città che nella stessa area a margine dell'autostrada I-95 ha fatto spazio a tre mega impianti sportivi: quello degli Eagles, dei 76ers e dei Phillies. Non ci avevo ancora fatto caso, ma il 76 dei seventysixers fa riferimento alla data dell'Indipendenza.
Da Brooklyn, se vuoi andare a sud verso Philadelphia, devi prendere il Ponte di Verrazzano per uscire dalla città. Lui si che ha una campata spaziale e ben due livelli per il traffico, con quello più elevato che consente alla vista di spaziare per tutta la baia di New York. Spaziali sono pure i 15 sacchi che lasci al casello una volta sola, per poterlo attraversare e ritornare in città.
A dire il vero, anche attraversando il New Jersey, il Garden State piazzato tra lo Stato di New York e quello della Pennsylvania, ci sarebbe qualcosa di spaziale. Sette corsie per senso di marcia, con le tre centrali separate dalle quattro più esterne, non si vedono di frequente. Peccato che dopo averti chiesto anche dei soldi, il New Jersey Turnpike si dimezzi di punto in bianco, causa lavori per il suo completamento chissà quando. E tu, con un salto spazio-temporale, ti ritrovi dritto-dritto ad agosto alla fine del Passante di Mestre.


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