11 gennaio 2013

DIARIO MINIMO DA MIAMI - 15 - È il mercato, bellezza

Cosa ci faceva nella sua camera da letto? Non lo so. Perché ha aperto il suo armadio? Mistero. Ma ci ha trovato dentro delle lattine. Lattine di capelli spray, da spruzzare in testa per coprire la calvizie. L'amica dell'amico dell'amica di un'amica della mia signora garantisce che la storia è vera, perché ha visto tutto con i suoi occhi (ah, beh; si, beh). E garantisce che l'armadio era quello di Pat Metheny. Quasi quasi, io ci credo.
Capelli spray, del colore che vuoi. Non so se le vendano ancora, ma su Yoytube si trova il filmato che le reclamizzava in tivù: uno dei tanti cosiddetti "infomercial", filmati di un paio di minuti che pubblicizzano prodotti improbabili a prezzi solo apparentemente stracciati. Immagino che la "inf", stia per infestanti: a parte la televisione pubblica e i grandi network a diffusione nazionale, non c'è canale che non ti propini pentole antiaderenti "secondo lo stile europeo" (eh?) o una delle tante versioni della "Snuggie", la coperta che si indossa come una tunica e si prende cura di te durante le sere d'inverno (sfonda poco, a queste latitudini, maledetto clima tropicale).
Il confronto con l'Italia è impietoso, gli americani ci stracciano. Da noi le televisioni commerciali non riescono ad interrompere un film ogni tre minuti, e ti impediscono di farti la barba e stirarti le camicie mentre in tre ore ti rivedi "Fargo" dei Cohen. Ma potrei tranquillamente sbagliarmi ed essermi perso delle chicche, ché a Torino la snobbavo la tivù. Qui non posso farne a meno, è il modo più efficace per avere nel minor tempo possibile la visione più distorta possibile di questo Paese. E già che abbiamo deciso di trasferirci qui, voglio fare indigestione di NBA mentre faccio il conto alla rovescia per il Superbowl. A quattordici anni ho bruciato una pentola di popcorn per seguire le imprese dei Lakers contro i Celtics, adesso la pentola s'è presa la rivincita e mi tocca la peggior serie dei Lakers da decenni, con tanto di playoff a rischio. Il basket è quello sport dove si lancia la palla dentro un cerchio di metallo con la retina.
A dar retta agli "infomercial", gli uomini americani se la passano proprio male. Non possono invecchiare in pace, per esempio. Se ogni mezz'ora ti martellano con i trailer dei nuovi film di Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone, due ultra-sessantenni bombati di steroidi, che sarebbero incapaci di battere  il tempo al bunga-bunga, ci credo che non ce la fai a pensare alla pensione ma pensi a come perdere 20 chili e a farti i pettorali usando attrezzi che un bimbo userebbe come cavallo a dondolo. I più fortunati si fermano qui, ma quelli che hanno le fisime peggiori si comprano tubetti di creme miracolose per rianimare genitali passati a miglior vita.
E le donne? Per chi ha un décolleté generoso, e per questo fatica a trovare la posizione comoda per addormentarsi, esiste un piccolo cuscino a forma cilindrica da piazzare tra i seni. Io cado dal pero. In tutti questi anni non avevo mai immaginato che avere la quarta di reggiseno fosse un problema per dormire. Ma sul sito dell'azienda che vende questa meraviglia, tra le tante testimonianze che diresti farlocche di sicuro, c'è pure quella di una donna che dice d'aver trovato il giusto sollievo dopo l'intervento per un tumore. Non so se sia un colpo basso, sta di fatto che m'ha gelato.
Nella contea di Broward, la parte nord dell'area metropolitana di Miami, siamo dei privilegiati. Per chi non si accontenta delle paccottiglie vendute in tivù, c'è la possibilità di acquistarle direttamente dalle bancarelle. Non so se sia vero, ma a Fort Lauderdale c'è quello che viene ritenuto il più grande mercato delle pulci al mondo, lo "SWAP SHOP". Aperto tutti i giorni, ospita anche un drive-in da quattordici schermi. È davvero sterminato e, ad essere sinceri, puoi trovarci di tutto, non solo merce di quart'ordine. Nel piazzale che durante la sera si trasforma in drive-in, tra bancarelle con dvd per adulti o musica reggae a tutto volume, c'è il classico repertorio da cantine svuotate, e siamo tra i pochissimi non afro-americani  e non ispanici ad aggirarci qui; mentre nella zona coperta, con lunghi corridoi a formare il reticolo di una tendopoli, si vende soprattutto abbagliamento, la cui qualità è scadente come quella che troveresti al mercato della pelle a Firenze, ma le cui t-shirt costano tre volte di meno. E poi, a Firenze, non credo troveresti le magliette con tanto d'immagine della famiglia Obama al completo, pacchiane come poche. Sempre all'esterno, un grande mercato per la frutta e verdura sudamericane, alcune giostre da Luna Park, con tanto di ruota panoramica e bruco, e poi il chiosco del churro, ancora caldo e cosparso di zucchero, per farmi dimenticare lo squallido e indigeribile gyro-pita, che per farlo così brutto devi proprio volere male al prossimo. C'è anche un padiglione completamente al chiuso, refrigerato come qualunque altro spazio qui in Florida. Al suo interno si trovano soprattutto le gioiellerie, ma anche un cosiddetto Museo delle Automobili (con una Ferrari gialla e altri bolidi per acquirenti delle creme miracolose di cui sopra), una corte della ristorazione (da evitare), negozi di scarpe (in uno c'era un assortimento di Clark che manco a Londra, e mi sa che ci torno).
Potrei passare ore intere in un posto così. Mio padre lo avrebbe adorato, lui che il sabato mattina, quand'ero piccolo, mi portava al Balôn, il mercato delle pulci di Torino, alla ricerca di agende impolverate e vecchi calendari.
Come tanti mercati simili, facile immaginare che anche lo SWAP SHOP abbia perso il fascino d'un tempo. A forza di produrre oggetti banali e dallo scarso valore estetico, non puoi pretendere che acquistino fascino invecchiando. Mentre le merci cinesi sono buone solo per risparmiare dollari, quando non ce le rifilano in un mall.
Una cosa su tutte vale il viaggio: i parrucchieri per uomini. Adulti e ragazzini che si fanno scolpire le teste, mentre mogli e mamme li osservano rimanendo in piedi o sedute su una delle poche panche che circondano questi stand, dove tutti vedono tutto e le televisioni sono accese su canali di musica hip-hop o caraibica, a seconda della clientela.
Vicino ad uno di questi parrucchieri, c'è uno dei tanti venditori di telefonini. Camicia verde scuro, berretto verde scuro, barba lunga. La signora che gli chiede informazioni ha il volto contornato da un leggero hijab, e il sosia di Fidel Castro le risponde con una cadenza mediorientale. Vale il viaggio pure lui.



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