26 giugno 2011

UNKNOWN, 2011

Con


Ci sono parole che non possono stare insieme, come feta e anguria. Feta, non fetta.
L'anguria non può stare con la feta. Solo a parole, però. Basta assaggiare per capire che è vero il contrario. La storia inizia così: ci sono un cinghiale, una capra e un'oca. E ci sono seppie, noodles, spinaci, uvetta, marsala e peperoncino. E ci sono pure carote e marmellata d'arance, amare.
In realtà, non è che siano davvero tutti nella stessa storia.

Il cinghiale corre per il prato, probabilmente vuole starsene da solo. Altrimenti non si spiega perchè fugga le attenzioni insistenti dell'oca. Certo, di suo l'oca non è proprio nota per l'intelligenza vivace. Ma forse non è lei a peccare di sensibilità, forse è il cinghiale che non riesce ad arginare la sua ansia da riservatezza.
La capra, a minima distanza, osserva la scena tra i due. E' un distacco interessato, si intuisce che sta aspettando il momento buono per dire la sua.
Chi mette becco è di sicuro l'oca: lo spalanca per starnazzare e per beccare (appunto) il cinghiale che vorrebbe provare ad allontanarsi. Se è un tentativo per irritarlo, sta fallendo miseramente: il cinghiale sembra piuttosto impaurito e con quel fisico non potrà andare tanto lontano. Al massimo, potrà arrivare alla rete di recinzione che disegna i confini del loro universo.
La capra decide finalmente d'avvicinarsi all'oca e al cinghiale. Tutti e tre si fermano di colpo. Stanno a guardarsi per un po', sembra quasi che si scrutino. Poi, come niente fosse, ognuno riprende a farsi pacificamente gli affari suoi. La sera sta per arrivare e l'erba è proprio verde, come è obbligatorio che sia almeno l'erba di campagna. Non fosse per qualche rara automobile, null'altro si sentirebbe se non i versi e i grugniti di questa forzata convivenza a tre.

A pensarci, nemmeno gli ingredienti hanno tanta libertà di scelta. E se il cuoco si dimentica di passare al supermercato prima di rientrare a casa, anche il suo arbitrio sarà meno libero. Insomma, fantasia contro frigorifero. A meno di non pensare più in termini di scontro e provare invece a trovare un accordo che soddisfi il palato e allontani la paura per ciò che non abbiamo mai assaggiato prima.
Le seppie con gli spinaci e l'uvetta non sono una novità per me. E, da solo, avrei anche potuto immaginare che spruzzarci sopra abbondante Marsala sarebbe stata una mossa utile per dare sapore. Ma di fronte al suggerimento d'usare i noodles come contorno, ho capito che la mia strada per la fusion in cucina è ancora maledettamente lunga. Chapeau.

Adesso cambiate storia e prendete un pentolino. Sciogliete un po' di burro con l'acqua, aggiungete le carote e fatele cuocere con la marmellata d'arance amare. Arance di Sicilia, ovvio, ché non possiamo mica accettare quelle calabresi o, ancora peggio, quelle spagnole. O forse potremmo, con qualche pregiudizio in meno.
Deliziose, queste carote. Come si chiama il piatto?
"Non lo so! Lo faceva sempre la mia mamma e lo utilizzava con l'arrosto...".

Dolce, salato, amaro.
Insieme, alla faccia degli integralisti più noiosi.
Basta solo provare, la convivenza è alla portata di tutti.
La sfida più divertente è un'altra: è la condivisione.
Davvero un'altra storia.

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