26 novembre 2009

GENERAZIONE_P

Perché uno mica se lo può dare

Il giorno in cui lo sentirò lamentarsi, sarà il segnale della fine imminente.
Osservando la sua determinazione quotidiana e silenziosa, ho iniziato ad odiare sempre più le persone che si lamentano.
Avrebbe mille ragioni per lagnarsi. E altrettante per guardare al futuro con preoccupazione.
Ma la paura sembra non sfiorarlo, preso, com'è, dal presente delle sue giornate in salita.

Forse dovremmo fare qualche passo indietro, non trovi? Non lo so, quest'idea di cambiare città, il trasloco, e gli amici, dovrei far vendere la casa di nonna. Ho sentito un tono risentito nella sua voce, sembrava avercela proprio con me, forse ha ragione mia moglie. Sono almeno tre giornate di formazione, non vorrei perderle perché lui pensa che sia una questione personale. Forse è Dio che ha voluto così. Non trovi che servirebbe un approccio meno diretto? Mia moglie forse capirebbe, ma i ragazzi? Sono vecchio, non mi puoi chiedere questo, sei sleale. Ho deciso, non posso perdere quest'occasione: riscrivo il finale, la gente vuole ridere. Se lo sapesse mio padre, sarebbero dolori. No, ancora non gli ho parlato. Chi lo sente, poi? Forse dovrei essere sincera, mio marito non lo amo più. Ma come farebbe senza di me? E' il mio destino. Ho attraversato velocemente la strada, quasi finivo sotto il tram. Spero non m'abbia vista. Cosa ne vuoi sapere tu? Tanto poi il mal di pancia me lo prendo io. Anni, e anni, e anni. Non l'ho fatto prima, adesso è tardi. E' già andato via altre volte, ma cosa potrei fare io da sola?

Paure.
Paure.
Sempre e soltanto paure.

Lo capisco, qualcuna ce l'ho pure io.
E' un'altra la domanda che mi faccio.

Com'è possibile che tra noi nuovi adulti il coraggio sia diventato una merce così rara?


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