12 gennaio 2007

Desta

Ha detto, più o meno, che per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia dovremmo smetterla con la solita immagine dei sabaudi, fatta di Risorgimento, e parlare invece di un'Italia "polimorfa".
Apriti cielo!
Un filosofo veneziano, già sindaco della sua città, che si permette di venire a dire a noi torinesi...
La verità.
La retorica risorgimentale ha fatto il suo tempo, forse avrà avuto un senso ricordarla per il centenario... ma ora?
Italia polimorfa, dice lui. Ammettendo che, forse, anche Venezia a ben poco a che fare con l'Italia.
Sui libri di storia ci hanno fatto vedere e rivedere, in tutte le salse possibili, che dalla caduta dell'Impero Romano, la penisola italica è stata sede di innumerevoli stati e staterelli; che quando il resto dell'Europa era divisa in grandi nazioni, noi avevamo una struttura di poco dissimile a quella delle nostre attuali regioni. Ci vantiamo ancora del Rinascimento ma siamo fermi ancora prima, ai guelfi e ai ghibellini. Come spiegare, altrimenti, l'odio che corre tra pisani e livornesi? Avranno pure le loro belle e sacrosante ragioni... Ma mentre il mondo corre veloce, due città separate da 20 km non trovano di meglio che tenersi strette l'una la sua università e l'altra il suo porto. Geniali.
Italia polimorfa.
I bassi di Napoli e Bergamo alta. La FIAT e le microaziende di Prato. Gigi D'Alessio e i Subsonica. La piadina con lo squacquerone e il pane ca meuza.
Ci sarà il coraggio di parlare delle diversissime Italie?
Oppure ci sorbiremo un po' di retorica modernista, sull'Italia patria dell'innovazione applicata al design e al buon vivere?
Antani...

Nessun commento:

Posta un commento