31 agosto 2006

Muri

Sarà opera delle matite di qualche bambino.
Complimenti bambino, bel lavoro, com'è che t'è venuto così azzurro il cielo oggi? Eh?
Nelle orecchie hai ancora alcune idee deliranti, di quelle che ti mettono adrenalina. Si, le vacanze ti hanno fatto proprio bene, non parleresti così dopo una riunione di lavoro. Ma era un incontro di brain storming a due, quindi vi siete detti tutto quello che albergava nell'angolo delle fantasie.
Aspetti che arrivi l'ora dell'appuntamento pomeridiano e decidi di rimanere in centro per il pranzo.
Sei fortunato, nella tua città c'è un fiume. A dire il vero ce ne sono quattro, solo uno è il Fiume.
"Abbiamo un fiume sporco dove non ti puoi bagnare, così quando fa caldo noi gridiamo qui non c'è il mare!".
Hai il giornale, serve qualcosa da mangiare. Entri nel primo supermercato e chiedi se fanno dei panini. Ti va già bene che non ti rispondano male: alla tua destra c'è un cartello grande e grosso, dove a lettere grandi e grosse c'è scritto che non si fanno panini. Non ti fai scoraggiare, taglierai i panini con le unghie, si vabbè, li strapperai con le dita.
Mortadella, pane, acqua. Penseranno che sei uno di quelli buttati fuori con l'indulto. Ma no, dai, hai Repubblica sotto il braccio e la polo pulita, quella chiara e stretta che ti fa la pancia. No, penseranno che sei solo ragno, che non volevi andare in un bar a buttare i tuoi soldi per due schifidi panini che manco... Ne sanno di cose.
Prendi Via Maria Vittoria. Non ti sei mai domandato chi fosse Maria Vittoria.
Ma pensi al tuo amico romano che non capisce perchè dici Piazza Vittorio, tralasciando che è quello Veneto; o perchè dici Corso Massimo, come se con D'Azeglio ci facevi merenda assieme.
Via Maria Vittoria è attraversata da qualche auto ma non c'è ancora il traffico caotico di una qualunque giornata settembrina. I soliti palazzi austeri, dai colori poco appariscenti, anche quello della Provincia lo noti a malapena. Tutto molto torinese, senza eccessi.
Mentre cammini vedi giù dal marciapiede, a fianco di una macchina parcheggiata, un uomo dalla corporatura robusta. Vedi solo la sua testa bianca ma ti sembra di conoscerlo. E' vestito con un abito chiaro, forse beige. Sei un uomo anche tu, è inutile che fai lo sforzo di notare o ricordare i colori, non rientra proprio nel bagaglio del tuo dna. Neanche nel bagaglio che porteresti per stare via mesi.
E' Enrico Salza.
Si, vabbè, non è Taricone o Alessia Marcuzzi. E tu ti emozioni se vedi De Bortoli nel borgo di Finale Ligure ("Ma dai! Il direttore del Sole!").
Però ha potere mica da ridere. E se ne sta lì a parlare tranquillamente con un ragazzo. Si, magari il ragazzo c'ha almeno quarantacinque anni, e per te è giovane.
Sanpaolo-Intesa, se ne parla da giorni, i giornali sono pieni di notizie e foto. Ora anche il panettiere sa chi è Salza: si, è il Presidente della Sua Banca.
Continui la tua lunga marcia verso il fiume; no, non sei Mao che va allo Yang Tze, vai solo ai Murazzi.
Cerchi una panchina di pietra e consumi il tuo pasto. Forse la mortadella era un po' troppa per due soli panini, forse la sua presenza ti accompagnerà per tutto il resto del pomeriggio, una vera amica. L'acqua della bottiglietta è già calda.
Cerchi un punto vicino al fiume, uno scalino sporco per sederti e vedere il fiume, sporco pure lui.
Forse è la mortadella, forse è di nuovo la valigia del tuo dna, dove hanno dimenticato di mettere dentro la capacità di fare tante cose tutte insieme. Ma non pensi a niente, guardi solo il fiume che si muove, guardi i pesci, piccoli piccoli nell'acqua torbida. Attorno non c'è quasi nessuno.
Al bar due ragazzi si scambiano tenerezze, lontani dagli sguardi della città moderna e bacchettona; sulle scale stazionano già i piccoli pusher maghrebini, è ancora presto per lavorare, giocano a lanciare lattine vuote e squassano il silenzio con le loro risate; una coppia di amanti sceglie lo scalino vicino all'acqua; un ragazzo si stende sulla panchina di pietra; otto turiste giapponesi portano i loro otto cappellini da pescatore e i loro otto zainetti verso il Valentino.
Non è la terra di nessuno.
E' la terra di chi la vuole.

(altre foto dei Murazzi: http://it.pg.photos.yahoo.com/ph/denis.spedalieri/my_photos)


26 agosto 2006

Estetica

Husserl aveva ragione. La conoscenza è intenzione.
Un'agenzia interinale cerca un commerciale,
che sappia parlare il tedesco, per una rivista d'estetica.
Qualcuno potrebbe pensare che trattasi d'una rivista di filosofia?
Qualcuno si. Me lo ha detto lui, dopo aver portato il suo curriculum all'agenzia.
Kierkegaard aveva torto.

24 agosto 2006

Plin Laden

L'arrivo a Mondovì è previsto per le 8.53, siamo in perfetto orario.
Poco prima del nostro ingresso in stazione una ragazza si avvicina. "Mi scusi, è già passato il controllore?".
"No, non credo".
"Sa, nell'altro scompartimento c'è un sacchetto a terra, tutto rovinato, con delle scritte in arabo...".
Ah.

23 agosto 2006

Tutori

Stazione Torino Porta Susa, fine pomeriggio.
Sul muretto adiacente all'ingresso laterale, di fronte al bar, due ragazze.
Il traffico copre le loro voci, che comunque è difficile sentire perchè una delle due copre la visuale dell'altra.
Una è bionda, ha l'aspetto riconoscibile in molte donne che arrivano dall'est dell'Europa; l'altra è bruna, ha tratti più anonimi. Entrambe hanno corpi esili.
Si avvicinano a loro, a passo lento, due poliziotti, uno tiene tra le mani una sorta di grande bloc notes i cui fogli contengono una griglia stampata. Le due ragazze non si scompongono, gambe accavallate e schiena curva in avanti. Alzano leggermente la testa, anche le voci dei poliziotti sono coperte dai rumori della piazza. La bionda estrae il suo permesso di soggiorno da una borsetta; la bruna fa cenno di non avere niente con se.
Qualche parola riesce a superare la barriera di rumore continuo. "Ma ce l'hai vero?", chiede il poliziotto del bloc notes. La bruna fa cenno di si. Segue qualche istante in cui tutti e quattro rimangono immobili, poi i due poliziotti si guardano e quello del bloc notes inizia a ciondolare la testa di lato, come si fa con i bambini che l'hanno combinata grossa.
Se non avessero le divise verrebbe da pensare che è solo la vecchia cara scena in cui due ragazzi avvicinano due ragazze e cercano d'attaccare bottone.
Sorridono. Le ragazze si alzano, il poliziotto mette il bloc notes sotto braccio, l'altro fa il cavaliere e apre la porta del bar.

21 agosto 2006

Ippocrate

"Non ho più voglia di fare il medico".
Pensi stia scherzando. E gli piace scherzare.
Qualche minuto fa' il ragazzo sulla poltrona accanto è appena svenuto. "Non ti preoccupare, sta recitando", dice lui.
Osservi i medici e i neodottori che piombano velocemente sul ragazzo, cercano di svegliarlo, gli danno qualche schiaffo, lo prendono per le braccia. Il ragazzo apre gli occhi, intontito.
E lui, ai colleghi: "Ehi! Dovete sorridere!".
Ti sarai seduto, su poltrone come quelle, decine di volte, non le conti più. Una volta eri anche nella lunga lista dei premiati ma ti sei scordato d'andare a ritirare la tua medaglia, la domenica mattina. Dopo oltre due anni di latitanza, a luglio ti hanno supplicato telefonicamente di tornare da loro. L'estate, si sa, è periodo d'incidenti e il sangue scorre a litri.
Decine di volte. Non lo vuoi ammettere ma l'ago ti fa sempre un po' paura, anche quello minuscolo che una dottoressa, prima di farti stendere sulla poltrona reclinata, ha usato per la puntura al dito. "Qual è il dito che usa di meno?". E tu, come un'idiota: "Non mi faccia diventare malizioso...". Meno male, ha sorriso, forse non solo per educazione.
Ora lui è di nuovo vicino e ti bombarda di domande, ti prende in giro e stai al gioco.
"Fai il consulente, sviluppi le risorse umane, e che vuol dire?? Se non apri e chiudi quella mano, apri, chiudi, apri, chiudi. Ma che schifo di vene hai? Ecco perchè non sei più venuto qui!".
Intanto un'altra giovane dottoressa, assistita da quella del dito, tasta il braccio destro, pare che una vena faccia meno schifo delle altre.
"Hai paura, eh? Girati da questa parte, non guardarla che' lei ti fa male".
Ma non riesci a distogliere lo sguardo. Fai un respiro lungo e vedi l'ago entrare, lentamente.
Non lo hai sentito, sospiri di sollievo senza darlo troppo a vedere e, rivolto alla giovane dottoressa: "No, è stata bravissima. Complimenti... Ma lei non arrossisce, arrossisco io allora".
Continui ad aprire e chiudere con ritmo regolare la mano destra, ti hanno insegnato che è il modo più facile per accorciare i tempi di permanenza dell'ago nel braccio.
"Senti, ho un amico spagnolo che non sa una parola d'italiano e vuole venire a lavorare qui, gli puoi dare una mano?".
Gli dai la tua disponibilità.
"Non ho più voglia di fare il medico, voglio aprire un ristorante in Spagna".
I tuoi occhi si spalancano: "Hai bisogno di un socio, eccomi qua", mentre la tua sacca si è finalmente riempita.
Respiro lungo, anche l'ago è andato. Il ragazzo a fianco si è ripreso ma non può ancora alzarsi, è il protocollo.
"Scambiamoci gli indirizzi", dice allontanandosi verso altre poltrone.
Ti alzi, controlli d'avere ancora in tasca le monetine per la colazione, che ti viene gentilmente offerta.
Scrivi la tua mail e il tuo numero di cellulare. "Ecco il mio numero, aspetto una birra. Signore e signori vi saluto, buona giornata a tutti".
Prendi le tue cose, fai un gesto al ragazzo che vorrebbe alzarsi e te ne vai.
Pensi tra te e te se chiamerà davvero.
Nel pomeriggio il telefono squilla, non compare il numero del chiamante.
"Sono il medico dell'Avis".
La lista delle birre di settembre si allunga.

18 agosto 2006

Parigi val bene...

Posted by Picasa

Una Vespa
2 culi, anche piuttosto pesanti (soprattutto il mio)
5 giorni
1700 km
Un po' di tempo per mettere ordine ai ricordi e alle foto
(presto a questo indirizzo:
http://it.pg.photos.yahoo.com/ph/denis.spedalieri/my_photos)
La tastiera attende...

17 agosto 2006

Bambini dell'82

La canzone originale non è male; una semplice chitarra e una batteria, rock classico, insomma. Ho scoperto che alcuni remix le danno anche maggiore potenza (tipo quello degli Hard-Fi).
Sono milioni d'italiani, dalle piazze ai cessi pubblici, che la fanno odiare.

"Seven Nation Army", questo è il titolo
La metà di noi avrebbe mai sospettato che potesse essere il brano di un onesto duo americano che risponde al nome di White Stripes?
Come noi, anche l'altra metà avrebbe comunque pensato: 'zzo! l'ennesima nenia dell'estate...
Poò-popopopopo-pooò, poò-popopopopo-pooò....
E via così, confidando almeno nell'azzeramento della saliva di chi la canticchia.

Con questo tormentone ancora bello fresco nelle orecchie, io e P. abbiamo deciso di salire a Villar Perosa.
Non in un giorno qualunque. Il giorno dopo la vittoria dell'Italia a Berlino sulla Francia.

Era da almeno un paio d'anni che nelle mie orecchie il vero tormentone era la sua richiesta: andiamo su a Villar.
E perchè proprio Villar Perosa? Perchè il "piccino" ci ha passato l'infanzia.
E dove si trovava quando Nando Martellini ha urlato Campioni del Mondo - Campioni del Mondo - Campioni del Mondo?
Ma a Villar, ovviamente.
Così, complice un pomeriggio di lavoro più breve del solito, ci siamo messi in macchina verso le quattro, con il sole a picco.
L'autostrada fino a Pinerolo rende davvero un'inezia il viaggio.
Ma noi eravamo intenzionati a dargli un minimo di epicità.
Per me e P. questo vuol dire due sole cose: cibo e bevande. Stop.
E così, prima di uscire da Torino, sosta in un supermercato di Borgo Cina per comprare della birra.
Poi, appena usciti dalla tangenziale e varcato il casello di Beinasco, sosta alla stazione di servizio. Caffè e patatine (rectius: polentine).
Finalmente, alle cinque, la sagoma della SKF ci dice che siamo arrivati. Dopo (ben) 50 km.

[Nota per chi non abita o non è di Torino e dintorni:
Villar Perosa è il luogo d'origine di quella che è stata e forse è ancora la Principale Famiglia di torino. E scrivo in minuscolo il nome della città, perchè per lungo tempo è stata un Loro Feudo. Tempo fa ho rivisto un vecchio manifesto del PCI. A sinistra l'Avvocato; chino verso di lui, stringendogli la mano, Valerio Zanone. Sotto la foto, la scritta: "il Sindaco è quello a destra"]

Parcheggiamo la macchina e ci dirigiamo verso il cimitero. Sappiamo che la tomba della Famiglia è sicuramente chiusa, ma il cimitero si appoggia dolcemente alla montagna e vale la passeggiata interna. Certo, quello di Amalfi è un'altra cosa, ma tant'è.
Usciti dal cimitero, attraversiamo la strada e andiamo verso la chiesa. L'ingresso è rivolto verso la vallata.



Giusto il tempo per un paio di scatti e prendiamo le scale nascoste tra l'erba che conducono giù verso una strada.

Lungo questa stretta strada si affacciano, a destra, una casa a due piani la cui facciata color ghiaccio è quasi completamente ricoperta d'edera; a sinistra una casa colonica, in rosso pompeiano. La casa colonica ha il cancello aperto, sul citofono c'è scritto Umberto G. [per privacy ometto il cognome].

Proseguiamo lungo la strada e osserviamo il giardino all'interno della casa con l'edera. Spettacolare. Prato all'inglese e una piccola fontana-laghetto. La guardiamo estasiati. Poi notiamo che, poco più avanti, il cancello d'ingresso è spalancato.

"Ma è la Casa?", chiedo a P. "La casa della Famiglia?".
"Mah, che io sappia si... però.... non si vede nessuno..... il portone è aperto. Forse è diventato un parco; forse ora aprono il giardino al pubblico".
La strada è deserta, ormai da parecchi minuti.
Ci avviciniamo al cancello. Entriamo.
Il vialetto è separato dalla strada solo dalla siepe e dalla cancellata. Lo percorriamo circospetti, anche perchè è ricoperto di ghiaia, che amplifica il rumore dei nostri passi.
Il vialetto si allarga e ci conduce all'ingresso della Villa. La porta è aperta.
P. suona il citofono ma non ottiene risposta. Entra in casa. "C'è nessuno?". Silenzio.
Lo seguo.
"Dai P., non ci posso credere...".
Davanti a noi un ingresso, con un piccolo salottino, suppellettili varie, mi sembra vi sia anche una statua di tigre o qualche altro felino.
Una scala sulla sinistra e, in fondo, una finestra aperta che lascia intravedere un altro giardino.
Ci guardiamo attorno e usciamo.
"Mi fai una foto? Voglio una testimonianza...".
"E vai gattaccio, mettiti in posa!".



Scatto la foto con il cellulare. Mi giro e cerco di scattarne un'altra, che riprenda la fontana e il prato inglese. Non faccio in tempo.
"Scusate... desiderate?"
"Ah, si... buongiorno...". E mentre rispondo all'uomo che ci ha fatto la domanda mi avvicino verso di lui. Affettando indifferenza del tutto fuori luogo.
"....Si... buongiorno.... abbiamo visto il cancello aperto e pensavamo...".
"E voi quando trovate un cancello aperto pensate sia un invito ad entrare?".
E' alto, corporatura robusta, carnagione scura. Sgrana gli occhi ma sotto i baffi si intravede un sorriso indulgente.
E' un signore, non solo nel portamento. Avrebbe potuto urlarci dietro, cacciarci in malo modo, minacciarci di chiamare la polizia. Invece si ferma davanti a noi, in attesa di vedere cosa ci inventiamo.
"No guardi, non siamo della zona; siamo qua solo in vacanza e siamo entrati dal cancello perchè pensavamo avessero aperto al pubblico... e poi abbiamo fatto di tutto per farci vedere... non siamo stati proprio circospetti....".
E , tanto per rafforzare il concetto, P. aggiunge: "Abbiamo anche suonato il campanello e chiesto se c'era qualcuno! Ma questa è la villa....?".
"Si, è questa. Ma voi non potevate entrare".
"Ha ragione, abbiamo un po' esagerato... Vogliamo sperare che lei, guardandoci, capisca... non c'era alcun intento...".
Meno male, capisce.
Da quel momento la chiaccherata assume toni rilassati e piano piano ci avviamo all'uscita.
Ci presentiamo. Lui si chiama Umberto, è il maggiordomo della Famiglia.
Racconta che non è infrequente che il cancello sia aperto e che qualcuno si introduca in casa, con intenzioni peggiori delle nostre. Ci spiega che tenere aperto al pubblico, anche se la Villa è spesso deserta, avrebbe costi enormi.
Gli raccontiamo cosa facciamo noi e che quel giorno siamo in vacanza.
Prima di andarcene cerco di spaventarlo: "Magari un giorno torniamo a trovarla per prendere un caffè!".
Ride. Non lo abbiamo spaventato.
E' tempo di rientrare a Torino.
Anche questo Mondiale è andato.

01 agosto 2006

OPERAZIONE SAPONE MARSIGLIA, Turin-Marseille 1999

Sette giorni, due amici, una Vespa, 1000 km

[Questo diario di viaggio è stato scritto nell'agosto del 1999]

Antecedente: serata di meta' luglio ai Murazzi del Po, tra locali
fumosi da dove esce house a volume urtante e black russian. Io e
Donato siamo in fase di confidenze e scazzi. Lui, ad un certo punto,
mi propone di andare 5 o 6 giorni nello Champagne con la sua Vespa.
In pochi nanosecondi riceve la mia risposta positiva. Torno a casa
con un tarlo nella testa: dove cacchio si trova lo Champagne? Qualche
giorno dopo mi armo di atlante e cerco la pianta della Francia.
Scorgo lo Champagne a nord-est, tanto per capirci, piu' o meno alla
stessa altezza di Parigi. La mia preoccupazione e' che 6 giorni siano
pochi e che rischieremmo di passarli quasi tutti con le chiappe
attaccate alla sella. Raggiungo Donato nello studio dove lavora e gli
faccio una controproposta: Marsiglia e Provenza. Dopo un'estenuante
negoziazione (6 secondi), decidiamo che OSM entra nella fase
preliminare.

Venerdi' 30 luglio, h. 21.30:
dopo pantagruelica cenetta offerta
gentilmente dalla mia mamma, carichi come muli, iniziamo il
trasferimento verso Gravere, dove intendiamo trascorrere la notte. In
Corso Allamano, a Grugliasco, periferia ovest, primo stop. Ahia....
fumo... Possibile che l'OSM sia destinata a finire tanto
meschinamente? Qualche minuto e riprendiamo il viaggio, del fumo non
c'e' piu' traccia (scopriremo poi il giorno dopo che i nostri piccoli
zaini appoggiati sulle pance della Vespa impedivano al motore di
raffreddarsi. Da quel momento abbiamo viaggiato con gli zaini
addosso). Pausa a Susa, dove in un'enoteca aperta recentemente
accompagniamo un caffe' con torcetti a gratis. Gli avventori guardano
curiosi il cartello appeso sul retro della Vespa (Operazione Sapone
Marsiglia. Turin-Marseille '99). Dissimuliamo vanita'. Arriviamo a
Gravere e andiamo a nanna con propositi bellicosi di sveglia
antelucana. Peccato che non solo non abbiamo una sveglia, ma ne' io
ne' Donato abbiamo l'orologio... [tutte le ore che segno da qui in
poi sono solo il frutto di geniali intuizioni o di informazioni
ricevute da terzi. Il telefonino d Donato, in realta', ha l'orologio
e la sveglia: tremendamente borghese usarlo...]

Sabato 31 luglio, h. 9.30: naufragato miseramente il proposito di una
partenza all'alba, puntiamo verso la France. Sulla salita del
Monginevro, secondo momento di panico controllato: possibile che siamo
gia' in riserva? A Claviere e Mont Genevre non ci sono stazioni di
servizio. Riusciremo ad arrivare almeno a Briancon senza lasciare
andare la Vespa in folle? Ci riusciamo. Ma alla stazione di servizio
riusciamo anche a dimenticare la nostra borraccia (peraltro ancora
vuota). Stoicamente ci avviamo verso la disidratazione. Pausa per la
spesa ad Embrun, dove al supermercato suscito l'invidia delle massaie
districandomi abilmente tra i prezzi piu' bassi. A Gap Donato vuol
farmi scendere. Sul lato opposto al nostro c'e' un'autostoppista
bionda che vuole andare ad Embrun. Quasi quasi mi muovo a
compassione... Arriviamo a Sisteron, dove per la modica cifra di
35mila lire acqustiamo una borraccia da poco piu' di mezzo litro (gran
fiuto per il businness...). Occupiamo una panchina e, con il mio
taglierino, confezioniamo panini che sfidano le piu' consolidate
leggi della chimica. Ruttino liberatorio e, dopo quasi un'ora e
mezza, siamo di nuovo in marcia. La pioggia ci accompagna per piu' di
un'ora, cosi' decidiamo di fermarci lungo la strada per un caffe'.
Entrati nel bar subentra l'idea di fare i veri centauri: birra!! A
proposito: lungo la strada siamo stati riconosciuti come tali dai
centauri veri, attraverso il tipico saluto con l'indice e il medio
della mano sinistra aperti a "v" coricata: commozione... Alle 19
facciamo il nostro ingresso al Camping Chantecler di Aix en Provence
(30 km da Marseille). Pensiamo di fermarci un giorno e poi ripartire
per Avignon e Marseille. Entriamo alla reception e un biondo sorriso
accompagnato da un buonasera in italiano da Accademia della Crusca
ci inducono a ritenere piu' utile un prolungamento del nostro
soggiorno presso quella amena struttura ricettiva... (effettivamente,
rimarremo in quel campeggio per 5 notti). Montiamo la tenda in luogo
precario e in cima alla salita perche' le piazzole sono tutte
occupate e, dopo una doccia violenta come le cascate del Niagara, ma
calda come il getto di un gaiser islandese, raggiungiamo il centro di
Aix, dove pasteggiamo con il tipico piatto provenzale: kebab e
patatine fritte. Verso mezzanotte, distrutti, ritorniamo al camping.
Dinanzi alla sbarra dell'ingresso veniamo fermati da un olandese che
ci informa dell'impossibilita' di entrare con la Vespa dopo le 23,
salvo che la si spinga, per non disturbare chi gia' dorme. Ci
accingiamo ad affrontare le salite che conducono alla nostra tenda,
ma non prima d'aver fatto amicizia con l'olandese: Ed, 34 anni,
lavora dalle 19 alle 3 alla reception, laureato in Economia e
Commercio, poliglotta, parla un divertentissimo italiano
("daveeroo?"), avendo vissuto per qualche anno a Bergamo. Diamo un
gancio a Ed per la mattina. La tenda ci accoglie con il suo tepore
equatoriale (ma fuori l'aria e' fresca assai). Fatichiamo a
scambiarci la buona notte, e' tempo di catalessi...

Domenica 1 agosto, h. 10.00: colazione abbondantissima al bar del
campeggio (massi'! crepi la miseria!), dove un giovane cameriere belga
ci fa imboscare due forchette, utili per chi, come noi, ha dietro solo
due bicchieri, un taglierino e una torcia (i duri del camping...). La
mattinata scorre al bordo della piscina, ma anche al suo interno.
Crediamo d'aver trovato una risposta esauriente al senso
dell'esistere. Nel pomeriggio ci trasciniamo a Aix con la macchina di
Ed (Renault Fuego targata BG), per vedere la citta' nella sua luce
naturale. Piu' che la citta' vediamo i luoghi degni di tappe
enogastronomiche. Ma ci fermiamo alla Pizzeria Capri per un trancio
di margherita (dignitoso) e ci carichiamo di birra manco fossimo
crucchi pure noi. Prima delle 19 rientriamo allo Chantecler per una
ripulita generale. Poi ci rituffiamo nella bolgia turistica di Aix,
in pratica dei pendolari. E poi, da tradizionalisti della mensa, il
kebab ci aspetta... Buono il gelato, anche se caro quanto un primo.
Poco prima dell'una le birre di Ed ricoprono il tavolo esterno alla
reception del campeggio. Ma non possiamo fare ore troppo piccine,
perche' al mattino ci attende Cassis. Ci addormentiamo nella nostra
confortevole sauna...

Lunedi' 2 agosto, h. 10.00:
spostiamo la tenda in una piazzola
ufficiale, appena liberatasi. Poi giubbotti di jeans, teli mare,
costumi e borraccia. Pronti e via! Destinazione Cassis (a est di
Marseille). Lungo la strada incrociamo un paesaggio contemporaneamente
verde e arido, con roccia porosa. Arriviamo alla spiaggia libera e
troviamo qualche centimetro quadro per stendere i nostri teli. Ma una
volta entrati in acqua decidiamo di non uscirne e ci disponiamo a
bradipo sul sassoso bagnasciuga: due onesti papponi in vacanza... La
fame incalza e a meta' pomeriggio ci dirigiamo verso il centro citta'
(chiediamo indicazioni e veniamo corretti nel nostro proto-francese da
un simpatico vecchietto stronzone). Acquisto generoso di frutta, che
consumiamo sbrodolandoci come bimbi alle prese con i primi alimenti
post biberon. Giro per il porto e nuovamente in Vespa! Destinazione
Marseille. Finalmente l'OSM sta per raggiungere il suo obiettivo...
Quando la strada inizia a scendere e vediamo la citta' dall'alto siamo
realmente emozionati. Al cartello Marseille alziamo trionfanti le
braccia al cielo (io tutte e due, Donato una sola... e la stabilita'
della Vespa gradisce). Giriamo un po' per la zona del Vecchio Porto,
in parte chiusa al traffico causa riprese cinematografiche. Vogliamo
farci una foto, in cui si veda il Porto sovrastato dalla Cattedrale
che campeggia nella parte alta della citta'. Intravediamo la
fotografa: sta prendendo il sole in costume intero, seduta sulla
panchina di una deserta fermata degli autobus. Il suo corpo e'
costellato di lividi. Forse qualcuno non e' contento di lei... Alla
nostra richiesta sorride e impugna la macchina fotografica. Sentiamo
il clic dello scatto. Ma non solo: a seguire anche il ronzio che sta
a indicare il riavvolgimento del nastro. Fine prematura del rullino.
Non scorgiamo, nell'episodio, alcun criptico segnale d'avvertimento.
Cerchiamo un posto economico dove mangiare e optiamo per un
ristorante cinese, dove fanno bella mostra di se' alcune anatre in
attesa d'essere laccate (decidiamo che assaggeremo la tradizionale
zuppa di pesce alla marsigliese nella prossima tappa in citta',
prevista da li a qualche giorno). Nel ristorante diamo spettacolo e
riusciamo a farci regalare due pezzi di torta alla fragola e panna
(abominevolmente dolce) da una coppia che festeggia il suo
anniversario di matrimonio con 2 amici. Mangio piu' lentamente del
solito (e gia' sono lento...), perche', pur perseverando per tutta la
cena, con le bacchette sono una frana, mentre Donato si destreggia
come un cantonese. Paghiamo il conto, al pelo, e rimontiamo sulla
Vespa, per rientrare nella tranquilla Aix. Da li' a pochissimo daremo
un'accezione diversa al termine "tranquillita'" e proveremo il
secondo momento di commozione... ma questa volta tendente al
cerebrale... Arrivati a Aix parcheggiamo il nostro fedele mezzo di
trasporto nella piazza centrale e decidiamo di spostarci in una zona
non battuta dai turisti. Vicinissima al corso principale, ma spoglia
di quella miriade di locali che popolano il resto del centro citta'.
Camminiamo nel bel mezzo di una via abbastanza stretta. Donato mi
dice che, secondo lui, ci sono due tizi che ci stanno seguendo e che
si sono divisi, disponendosi l'uno sul marciapiede sinistro (quello
vicino a Donato) e l'altro sul destro (quello a me vicino). Non
faccio in tempo a comunicargli la mia incredulita' che vedo il tizio
sulla sinistra saltare addosso a Donato e sferrargli un calcio alla
schiena. Sento anch'io un colpo violento alla schiena e cerco di
scappare urlando aiuto. Mentre cerco di indietreggiare sotto i pugni
di questo simpatico figlio di puttana (a fatica, peraltro, perche'
noi eravamo in sandali mentre i nostri aggressori avevano gli
anfibi), cado a terra e perdo gli occhiali. A differenza di Donato,
che perdendo per qualche attimo conoscenza, espone il suo volto
ai pugni dell'aggressore, io riesco non so come a rimanere lucido. Mi
rannicchio a terra coprendo il volto e le palle. Cio non impedisce al
mio bastardone di prendermi a calci sulla testa, le costole e la
schiena. Ad un certo punto, sento che arriva anche l'altro e inizia a
darmi calci pure lui (ale'!!). Per nostra fortuna (che culo...), non
hanno coltelli e il tutto dura, credo, un minuto o due. Poi i nostri
se ne vanno, camminando tranquillamente, senza fretta, mentre io e
Donato cerchiamo di rialzarci. Da una casa vicina scende una ragazza
con dell'acqua, mentre il suo fidanzato chiama la polizia, che arriva
in pochissimo tempo, ma non sufficiente per inseguire i bastardi.
Racconto che non volevano i nostri soldi e che forse ci hanno
picchiato perche' hanno sentito che eravamo italiani (ancora adesso
non riusciamo a darci un altra spiegazione plausibile; e, anzi,
abbiamo ricevuto conferme sulla dilagante xenofobia della zona,
peraltro roccaforte del Fronte National di Le Pen). Ripeto che
secondo me erano solo "two fascists", anzi, "two bastard fascists".
Arriva l'ambulanza e fanno stendere Donato, che ha il volto
decisamente tumefatto. Io mi seggo e credo di star bene, anche se
sento la parte destra della mia testa gonfia come un melone: ma, in
realta', durante il tragitto, vomito tutta la mia cenetta cinese
(sigh). Arriviamo all'ospedale, dove veniamo visitati dal neurologo e
dove ci fanno un numero impressionante di lastre (io la bellezza di 6
alla testa, fatte in due tornate, perche' la prima volta non riescono
a capire se vi siano fratture). La mia infermiera e' una dolcissima
signora che parla un po' l'italiano perche' ha degli amici torinesi
con casa a Pragelato. Dimentichero' difficilmente il suo sorriso...
Donato viene dimesso e torna in taxi al campeggio, dove lo attende la
roulotte di Ed (meno male, perche' diluvia). Io, invece, vengo
trattenuto in osservazione. Vado in bagno, davanti allo specchio:
nessun segno sulla faccia. Capisco i poliziotti bulgari che
picchiavano con i sacchetti di sabbia per non lasciare tracce
(Amnesty insegna). Osservo la mia testa. Mi sbaglio a credere che sia
gonfia come un melone: ha invece la sagoma di un fungo. Mi accascio
su un comodo lettino, con tanto di coperta, che' ho un freddo cane, e
mi addormento...

Martedi' 3 agosto, h. 4.40:
vengo svegliato per il controllo della
pressione. Tutto regolare, mi riaddormento. Verso le 8.00 mi
controllano nuovamente, poi, dopo un po', entra un'infermiera con in
mano una flebo e mi chiede se ho gia fatto la "toilette". Da vero
macaco credo che voglia chiedermi se sono stato in bagno, perche'
magari e' un'operazione che deve precedere la flebo. Rispondo no
e che ora vado (il tutto a gesti, indicando la porta del cesso).
L'infermiera torna con asciugamano grande e pezzo di sapone,
ovviamente di Marsiglia (finalmente l'oggetto del nostro desiderio!).
Mi lavo, con un pizzico di vergogna per la mia ignoranza... Mi
servono la colazione. Alle 9.20 vengo dimesso dall'ospedale e, a
piedi, mi dirigo verso il centro citta'. Vado alla Banque de France
(che, peraltro, si trova vicino al luogo in cui abbiamo incrociati i
due simpaticoni) per cambiare 120 franchi fuori corso. Poi raggiungo
la piazza centrale, per prendere l'autobus che va nella zona del
campeggio. Alla reception saluto il biondo angelo, che chiede lumi
sul mio stato di salute. La rassicuro ma non posso trattenermi a
lungo con lei. Mi dice che Ed mi cerca. Lo trovo poco piu' in la' con
un tizio italiano sulla quarantina, che mi sembra d'aver gia' visto
da qualche parte... Ed mi saluta e vuole sapere come sto. Chiedo di
Donato e mi risponde che e' nella sua roulotte. Intanto l'italico e'
davanti alla Fuego di Ed e gli dice che gli piacerebbe avere una
macchina cosi'. Chiede come ci hanno aggredito. Mi sembra che sfotta
e mi sento fuori luogo. Vado verso la nostra tenda e incontro mio
"Ammico di Vvespa". Anche lui e' un po' dolorante. Gli dico che ho
incrociato un italico davvero rompiminchia. Vado al bar per fare
colazione e incontro l'italico con i suoi figli. Qualche parola e
cambio giudizio su di lui. E' di Torino, ha una farmacia in P.za
Vittorio, sul lato destro guardando la Gran Madre (ecco dove l'ho
visto!!). Chiaramente di famiglia ricca assai, puo' permettersi il
lusso non solo di vacanze alternative con i figli ma anche di
dissuadere i suoi clienti dall'uso di farmaci se non strettamente
necessario. Sta andando a Tarifa con i figli per fare windsurf.
Arrivano Ed e Donato. Ridiamo tutti insieme. Il farmacista si
allontana per qualche momento e la figlia, ventenne credo, dice che
il padre non lo deve sapere ma lei, arrivata a Tarifa,
dopo qualche giorno proseguira' per Algeciras e poi il Marocco. Mi
chiede indicazioni, avendo prima appreso che ci sono stato qualche
anno fa'. Ritorna il padre, che ci dice di non prendere alcuno dei
farmaci che ci sono stati prescritti in ospedale. Per la gioia
della cassa comune lo seguiamo alla lettera e salutiamo tutta la
famiglia, con minaccia di beccarlo in farmacia... Pranziamo con Ed a
Aix (ottimo il pure', per le nostre boccucce doloranti). Ritorniamo a
prendere la Vespa e andiamo a sporgere denuncia in questura. Ci
addormentiamo sulle poltrone. Dopo 20 minuti ci chiamano (melius, ci
svegliano). Davanti al simpaticissmo signor Bentz iniziamo il nostro
racconto, in inglese con inserti di francese. Si ride parecchio.
Firmiamo i verbali e andiamo da un collega di Bentz per il
riconoscimento fotografico. L'unico che li ha visti in faccia e'
Donato, ma sulla base delle sue indicazioni cerco di individuare
qualcuno che possa rientrare nel tipo. Ci passiamo di mano centinaia
di foto e altrettante scorrono sullo schermo del pc (potenza di
Schengen!). Esito negativo. Ora, pero', conosciamo tutti i tizi alti
1.60-70 e biondi e quelli alti 1.80 e bruni segnalati dalla polizia
in tutta la regione attorno a Marsiglia! Ringraziamo e andiamo nel
centro di Aix, dove ci aggiriamo con gli scarponi e i caschi in mano.
Guardiamo con l'aria sospetta tutte le coppie di uomini che
incrociamo. In un bar siamo convinti di intravedere alcuni dei tizi
delle foto segnaletiche... Andiamo al supermercato, dove acquistiamo
cous-cous gia' pronto in scatola. Torniamo al campeggio e verso le 22
ceniamo con Ed. Arrivano un ragazzo e una ragazza in Vespa,
diciottenni, di Alessandria. Facciamo le tre del mattino bevendo
birra come spugnette. Poi la roulotte di Ed si accinge a ad
ospitarci, non prima d'esserci sparati mezz'ora di KC & The Sunshine
Band ("I'm boogie man..."). Torniamo bimbi e andiamo a nanna
felici...

Mercoledi' 5 agosto, h. 10.00: colazione davanti alla roulotte, che
si trova parcheggiata in uno spazio verde solitario. Latte al cacao
(tipico d'ogni puntata all'estero) e fette di brioscione quadrato che
assorbe meta' tazza ad ogni immersione. Mentre scendiamo verso le
docce, conosciamo quattro ragazze tedesche: Martina, (d'origine
italiana, padovana), Caro'la, Paola, e Christine. Loro vanno ad Aix.
Ci diamo appuntamento per la cena davanti alla loro tenda. Commenti
su quella che ci sembra la loro giovanissima eta' , dopo aver
tacciato Ed, per giorni, d'essere un pedofilo... Saliamo alla
roulotte, Ed ci raggiunge e iniziamo a ciacolare. Donato s'appisola e
al suo risveglio riscendiamo verso la tenda. Prendiamo la Vespa e
torniamo a Marseille. Mangiamo delle quiche al formaggio (era ora,
qualcosa di locale!), in mezzo allo smog. Raggiungiamo il posto piu'
caratteristico della citta', la chiesa di Notre Dame de la Garde,
punto panoramico per eccellenza. Marseille e' finalmente ai nostri
piedi. Siamo al settimo cielo e c'e' pure un po' di tempo per seguire
qualche sogno lontano... Andiamo nel centro citta', molto moderno,
con poche vestigia architettoniche degne di nota, ma l'insieme e'
piacevole. La Galleria Lafayette ci presta i suoi bagni, dopo un
lungo peregrinare alla loro ricerca. Ci rimettiamo in Vespa e diciamo
arrivederci a Marseille (lacrimucce). Ormai l'OSM sta prendendo la
strada del ritorno.... A Aix acquistiamo paella pronta in scatola (la
Maggi ringrazia e lo stomaco bestemmia), nutella, budini al
cioccolato e panna da poco meno di 2 franchi l'uno. Arriviamo al
camping e andiamo a farci belli come pavoni alla prima uscita, non
prima d'aver scaricato le vivande alla tenda delle ragazze. Dopo la
toeletta, le raggiungiamo e iniziamo a preparare la paella. Si fa
buio e la musica jazz che esce dal registratore e le candele dentro
le bottiglie creano un'atmosfera davvero suggestiva. Apprendiamo,
senza particolare sorpresa, che vanno a scuola e sono diciasettenni.
Ma e' ugualmente imbarazzante, ci sentiamo un po' come i loro
fratelli maggiori... e un po' entriamo nella parte. Ci invitano ad
andare in discoteca con loro. Adoriamo ballare, ma l'ultima volta che
siamo stati in una vera discoteca... Accettiamo e, mentre loro
raggiungono Aix in autostop, noi solchiamo per l'ennesima volta la
strada con la Vespa. La discoteca si trova vicino al luogo
dell'incontro con i due stronzoni. Costa un capitale per i maschietti
ed e' gratis per le femminucce. Affettiamo indifferenza. Dentro ci
sono si e no 10 persone, ed e' gia' mezzanotte. Il dj mette della
musica lounge (o easy listening, if you prefer). Iniziamo a ballare,
seguiti a ruota dalle ragazze. Progressivamente la discoteca si
riempe e il dj passa verso l'house, ma godibile. Mi cerco un angolo
dove ballare da solo e inizio a dimenarmi. Sono le 2.30., pensiamo
che ancora mezz'ora e Ed stacca per andare a nanna. Bisogna
salutarlo prima della nostra partenza. Martina e' avvicinata da due
ragazzi, e' il momento giusto per fuggire, tanto le ragazze sono piu'
svice di noi. Le salutiamo augurando loro tutto il bene possibile e
immaginabile. Dieci minuti e siamo alla reception del campeggio.
Saliamo al piano superiore, dove Ed, noncurante della vicina, tiene
la musica a volume degno del Budokan. Prende del vino e non fa in
tempo a stapparlo che suona il citofono. Sono le ragazze tedesche. Oh
madonna... Facciamo le 5 a sparare immani cazzate in italiano,
inglese, tedesco, francese, olandese. Salutiamo fratello Ed ("ci
vediamo a Torino, crucco bergamasco"). Poi la roulotte ci avvolge
materna...

Giovedi' 6 agosto, h. 9.20: KC & The Sunshine Band dividono
nuovamente con noi il momento della colazione, sempre brioscione e
latte cacaoizzato. Stavolta c'e' anche qualche rimasuglio di nutella,
che sono riuscito a farmi restituire dalle ragazze. Lasciamo la
chiave della roulotte sul pneumatico destro della Fuego, come da
espressa richiesta dell'olandese, e scendiamo a smontare la tenda.
Andiamo alla reception, dove salutiamo il biondo angelo, stampandoci
tra gli occhi il suo sorriso. Siamo di nuovo sulla Vespa. Per
velocizzare prendiamo l'autostrada per un tratto. Ne usciamo, per
fare il secondo rifornimento della giornata. Non si scorgono paesi
ne', tantomeno, stazioni di servizio a perdita d'occhio. Entriamo in
riserva e la Vespa ci avverte educatamente spegnendosi. Finalmente,
lungo la strada statale, vediamo le indicazioni per un paese. Dopo un
chilometro lo raggiungiamo. Al bar chiediamo se vi siano distributori
in zona e ci rispondono che il primo e' a una ventina di km. Troppi.
Proviamo a rimetterci in strada. Dopo 500 metri la Vespa si adagia
nuovamente e ci costringe a rispingerla verso il bar. Vedo arrivare
un ragazzino in moto, attorniato da amici in bicicletta. Lo fermo e
gli chiedo se ci puo' dare un po' di benzina. Siamo il loro evento
giornaliero. Dal bar ci portano un tubo di quelli che si usano per la
birra e Donato inizia a spillare la benzina. Due litri, pagati
generosamente in segno di sincero ringraziamento. E via, on the road
again!! Arriviamo a Briancon e accontento Donato, ma riesco a farmi
promettere che mai nessuno sapra' che sono stato in un Mc Donald's.
Raccimolo gli ultimi 23 franchi e riesco ad acquistare 3 gommosi
hamburger. Strano, non siamo tristi. Al Monginevro ci accoglie un
clima invernale, infiliamo maglia e giubbotto di jeans. Giu' verso
Torino, sperando che quel fottuto autotreno in galleria la smetta di
starci al culo... Donato resiste eroicamente allo spostamento d'aria.
Rivoli, siamo praticamente arrivati. Salutiamo il cartello Torino su
Corso Allamano. A casa di Donato lasciamo la sua roba e andiamo a
mangiar qualcosa: kebab, ovviamente! Quello di via Bidone e' chiuso,
allora puntiamo verso il centro e andiamo da Kirkuk (cosi' ci scappa
anche il caffe' turco). Donato si appresta a riportarmi a casa.
Mancano poche centinaia di metri, ma facciamo un giro di poco piu'
lungo. E sotto casa mia raggiungiamo il millesimo chilometro. L'OSM
e' finita!!!
Ci vuol poco per far due bimbi felici...

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