12 novembre 2013

DI FRONTE

Fatemi capire, per favore.
Fatemi capire, ché forse sono lontano da troppo tempo e forse ho una visione distorta proprio dalla distanza. Chiunque maneggi un minimo qualche dato economico, per interesse personale o per lavoro, sa alcune cose molto semplici. E questi dati sono pubblici, a disposizione di tutti. Li mette a disposizione l'Istat, ma se ne trovano anche di fonte confindustriale o sindacale, per non parlare, della Banca d'Italia o dei diversi ministeri. Il PIL italiano è in caduta libera da anni. La produzione industriale, facendo la media dei diversi settori manifatturieri, è in calo di quasi un quarto rispetto al lontano 2007. La produttività è sempre la stessa scarsa di prima, la disoccupazione è molto più alta e si prevede che aumenterà ancora. Dopo una lunghissima recessione, che era stata già preceduta da anni di debolezza e che solo formalmente è stata classificata in due recessioni distinte, il  reddito disponibile delle famiglie è diminuito, facendo crollare la domanda interna. Senza raggiungere più i livelli e la tendenza pre-crisi, le esportazioni tengono, un po' salgono, ma non perché recuperiamo quote di mercato, bensì perché tutta la domanda mondiale è rimbalzata. Di fronte a questo evidente, tragico e inarrestabile declino economico, con tutte le conseguenze sociali che si porta appresso. Di fronte all'incapacità di tutta la classe politica, sia composta da vecchi onorevoli di professione o da "cittadini" senza reale rappresentatività, di indicare una qualsiasi direzione di sviluppo a lungo termine, che peraltro non sia semplicemente basata sul dogma dell'austerità dei conti pubblici, pur in presenza di un debito pubblico abnorme e di un PIL anemico. Di fronte all'incapacità della classe dirigente, privata o pubblica o sindacale, di immaginare nuove prospettive e nuove relazioni industriali e di creare reale innovazione che possa interessare anche il resto del Mondo. Di fronte all'incapacità della società di ritrovare anche solo un minimo di coesione e senso di solidarietà, pur in mezzo ad un  radicato egoismo storico che non è certo nato con Berlusconi. Di fronte a una criminalità mafiosa che uccide letteralmente intere aree del Paese e ne corrompe altre, anche se non è tema che interessi più i media tradizionali o riesca a farsi spazio tra il flusso inarrestabile di quelli sociali. Di fronte a questo sfacelo di cui non si vede la fine e di cui tutti, ma proprio tutti, chi più chi meno, portiamo responsabilità, i giornali scrivono che l'OCSE e Moody ci promuovono? Sarò pure lontano, ma l'Italia mi fa ancora venire mal di pancia.

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