25 gennaio 2016

Liber [ NYC #58 ]

Vivi e lascia vivere

Il meteo italiano non fa notizia a New York. Le unioni civili, si
Il mio vicino in biblioteca legge il New York Times fresco di giornata. Riuscire a trovare la copia del giorno è quasi una mezza impresa. Ed è una gara per gli anziani, che giustamente se lo contendono. In biblioteca i giovani ci vanno per il collegamento internet, quelli di mezz'età per cercare lavoro, i più fortunati si portano dietro computer e lavoro. Ci sono poi quelli che vanno davvero per i libri. Sembrano una minoranza solo perché noi con il computer alziamo poco la testa e non li notiamo. Ci sono quelli che vanno per trovare un posto caldo d'inverno e fresco d'estate. Dopo la bufera di appena due giorni fa, con i marciapiedi scivolosi e gli incroci ancora colmi di neve che non ne vuole sapere di sciogliersi, anche due passi tra gli scaffali di una biblioteca non sono da scartare. Mangiare in biblioteca è proibito. Così com'è proibito molestare, usare un linguaggio offensivo, portare coltelli, pistole o altre armi. Almeno pare sia così dal due novembre scorso e nelle biblioteche qui a Manhattan, secondo quanto riporta un avviso presente su ogni tavolo. Dormire è ancora più complicato: appena appoggi la testa al tavolo, o anche solo chiudi gli occhi, arriva un impiegato a svegliarti. Nessuna pietà. Nemmeno quando ti addormenti per colpa della biblioteca. A Soho, in Jersey Street, ce n'è una che sembra fatta apposta per annientarti. A parte i due piani interrati, con quasi totale assenza di luce naturale, il piano terra ospita delle poltrone vicino alle finestre lungo la strada. Quando ti siedi su una di quelle poltrone dopo pranzo, anche se hai mangiato una banale fetta di pizza, sei spacciato. Come tanti altri ho scoperto solo di recente che a due passi da quella biblioteca, proprio dietro l'angolo, abitava David Bowie. Pare che chi lo incontrasse per strada non lo importunasse mai, anche riconoscendolo. Nella migliore delle tradizioni newyorchesi: c'è spazio per tutti, ognuno è libero di vivere la sua vita come meglio crede. Puoi passare inosservato anche se sei famoso, ma non per l'indifferenza.

Alzo la testa e guardo oltre la vetrata. Fisso il traffico che scorre sulla 23esima, sta per iniziare l'ora di punta. Io devo tornare a Brooklyn e oggi tocca a me andare all'asilo a prendere il piccoletto. Inizio anche ad avere caldo. A quanto pare una delle impiegate ha più caldo di me, perché sta già in canottiera allo sportello del prestito libri. Attorno ci sono persone che sono sedute da tempo e non si sono nemmeno levate la giacca per il freddo. Un signore non ha abbandonato nemmeno il suo colbacco.

Intanto il mio vicino di banco se n'è andato. Afferro il giornale, che ha lasciato sul tavolo. Sulla prima pagina del New York Times si parla di Italia e delle divisioni sulle unioni civili. M'è passata la voglia di leggere. Vado a prendere la metropolitana.

24 gennaio 2016

Anno nuovo, e solo quello [ NYC #57 ]

Hai voglia a dire che non s'invecchia

YMCA Park Slope, Brooklyn

"Can I borrow you?". Si, sta proprio rivolgendosi a me. A parte lui, sono l'unico maschio adulto presente. Per il resto, solo mamme, amiche delle mamme e babysitter. Me ne sto tranquillo a bordo di uno dei tre campi da basket ospitati sotto la grande volta della YMCA di Park Slope. Quello che un tempo era un arsenale, adesso è una delle più grandi palestre di tutta Brooklyn. Questo giovedì l'allenatore deve fare a meno del suo assistente. 12 bambini, tra cui anche il Piccoletto di casa Spedalieri, sono pronti a giocare a football. Ognuno stringe la propria palla come fosse oro. Io adesso sono esattamente al centro del campo e loro mi puntano: sarò l'ultimo ostacolo prima del touchdown. Sono un adulto rispettabile, loro sono solo dei bambini che smaniano per giocare e tra questi c'è pure mio figlio. Primo pensiero? Col cacchio che li faccio segnare.

02 gennaio 2016

Come in un film [ NYC #56 ]

Grandma is coming to town


"Parlate inglese?", ci chiede la signora che continua a passeggiare mentre si accosta a noi. La mia risposta, ancor più delle parole che lei stava prima origliando, lascia zero dubbi sul mio passaporto: "ii-ee-ss", rispondo sorridendo. A quel punto, mentre tutti noi proseguiamo a camminare senza nemmeno per un istante modificare il ritmo dei nostri rispettivi passi, la signora ci spiega il perché della domanda: "Mi piace molto ascoltare l'italiano, sembra d'ascoltare un film". Ringrazio, le dico che lei è davvero gentile e poi, scherzando, aggiungo: "Chi lo sa? Magari siamo proprio noi un film...". Si mette a ridere. E, mentre si allontana: "un bellissimo film. Pasolini!".
Botanical Garden, The Bronx

Quando ci saluta, la signora che ama Pasolini è praticamente già arrivata a casa, un tradizionale brownstone sulla 3rd Street di Park Slope. Guardo il numero civico del suo palazzo, sembra un perfetto conto alla rovescia, di quelli che il nostro Piccoletto inizia giusto in questi giorni a praticare quando gioca a lanciare nel suo Spazio qualunque oggetto che nella sua testa è parente di un razzo. La mia mamma ha la faccia perplessa. Le traduco il breve siparietto che abbiamo avuto con la signora. Chissà se la mia mamma adesso sta pensando che magari qui a New York la vita sembra davvero un film.