11 febbraio 2015

BAM [ NYC #45 ]

Lezione a sorpresa


Potrei stare ad ascoltarlo per ore. Prima del suo arrivo, nella quieta Natman Room, eravamo solo in tre: io, un altro tizio che come me ha cercato un posto tranquillo per lavorare ed un pupazzo in tessuto, che ha le stesse dimensioni di Jimmy Page e gli stessi vestiti che lui indossò durante un famoso concerto dei Led Zeppelin al Madison Square Garden nel '73. Il pupazzo è opera recente di un'artista di Chicago, Karolina Gnatowski, e fa parte di una piccola mostra ospitata in questa sala. Insieme ad altre opere vuole dimostrare quanto spesso possa essere sottile il confine tra arte e artigianato.

Adesso il nostro oratore parla ad una decina di ragazzi, forse studenti di una vicina scuola superiore. Racconta loro la lunga storia del teatro della Brooklyn Academy of Music. Spiega loro che il teatro dove si trovano è sempre stato, da ben più di un secolo, un luogo importante per Brooklyn e per la città intera. "Questo non è come i teatri di Broadway, qui non c'è sempre il lieto fine. Anzi". Racconta che quando i più importanti nomi del balletto e dell'avanguardia, adesso considerata un classico, arrivavano per la prima volta in America non andavano a Manhattan, ma venivano qui. Spiega loro che questa è sempre stata un'istituzione non-profit e che raccogliere soldi, fare fundraising, anche aumentando il numero degli abbonati e dei sostenitori annuali, è fondamentale non solo per mantenere vivo il teatro e le sue numerose attività ma soprattutto per realizzare lo scopo principale della BAM: essere davvero aperta a tutti i cittadini, anche a quelli che non sono ricchi. Noi avremmo detto "democratica". Ma sto notando che in questo Paese le parole hanno un peso e si preferisce, se possibile, non sgonfiarle inutilmente e nemmeno usarle come prezzemolo.

Ascoltandolo mi compiaccio, per una volta, di non aver bisogno di darmi un tono sapendo chi sia Pina Bausch, ovviamente; ma di sapere chi fosse Robert Moses. I ragazzi sono troppo giovani per conoscere il nome dell'uomo che nella metà del secolo scorso ha dato forma alla New York che conosciamo noi, dando via libera alla costruzione di tutte le più importanti autostrade cittadine. Una delle quali, sventrando il ricco quartiere di Brooklyn Heights lungo l'East River, costrinse all'epoca molti ricchi residenti ad abbandonare il quartiere. E questo, ci spiega il nostro Cicerone, creò problemi anche per il teatro, perché venivano meno ricchi finanziatori.

La lezione è finita. E anch'io e il mio anonimo compagno di sala lo ringraziamo, affascinati.
"Travel Jimmy", invece, non fa una piega. Nemmeno quando passa la metropolitana e i muri intorno a noi tremano.

04 febbraio 2015

Maestro Ghiaccio [ NYC #44 ]

Mai troppo tardi per imparare


L'avviso è chiaro: non camminare sulla superficie del lago perché il ghiaccio è sottile. Le ragazze non mi sembrano farci caso più di tanto. Non ci ballano sopra, si muovono con circospezione, ma sono ben al di là di quella che io considero la soglia della mia personale sicurezza. Credo sia più curiosità che non sfida all'orgoglio maschile malmenato quella che porta anche me ad appoggiare i piedi un metro oltre la riva. L'impressione è che la superficie del lago, ghiacciata e coperta di neve, sia decisamente più solida dell'ammonimento del cartello. Ma l'idea che le mie gambe, da un momento all'altro, possano affondare anche solo in cinquanta centimetri di acqua gelida mi sembra un motivo valido per una ritirata strategica. Tanto, non credo che qualcuno stia facendo caso a me.

A parte i viali principali, le piccole strade che si snodano lungo tutto Prospect Park sono coperte di neve ghiacciata. Nelle aree più interne di questo immenso bosco non c'è anima viva e Brooklyn sembra scomparsa. Cammino lentamente, mi fido davvero poco della suola dei miei anfibi, è ancora meno della mia attenzione. Quando non ho lo sguardo perso da qualche parte, fisso il mio telefono per cercare la colonna sonora adatta all'umore del momento. Una benedizione che poi sia Rdio a scegliere per me. 

Ho ancora la tentazione di scattare fotografie con il telefono, soprattutto quando vedo qualcuno seduto sulla neve accanto ad un albero o i ragazzini pattinare sulla pista coperta solo da un cielo stellato finto. La tentazione è ancora più forte quando vedo spuntare gli abiti nerissimi di due ebrei ortodossi dall'orizzonte completamente bianco. 

Ma la vita a New York mi sta insegnando una cosa. Farsi i cazzi propri non è bello solo per gli altri, ma soprattutto per se stessi. 
Sento che almeno questo traguardo è vicino.