10 febbraio 2012

GRAN MILANO

"Come sta tuo sorello???", urla con voce roca mentre infila la faccia nel cestino dei rifiuti che c'è in cima alla scala della metropolitana.
"Beeeneee", gli fa eco l'altro, ciondolando e urlando pure lui nel cestino diametralmente opposto. Arrivo da Piazza del Duomo, o forse vengo da un posto più lontano.
La stazione ferroviaria più bella d'Italia si affaccia sul viale più triste e anonimo d'Italia. E dire che a due passi ci sono la sede della Regione e un importante albergo, di quelli che al bar ti presentano un conto che vale come la percentuale del business che hai appena concluso al tavolino prima di tornare sui tuoi passi e riprendere il tuo treno.
Sulle cime dei primi palazzi visibili, qualche grande insegna luminosa è stata rimossa e qualche spazio pubblicitario aspetta un compratore. Per strada ci sono ancora i cumuli della neve di settimana scorsa. A Berlino ti sentiresti dentro la storia del socialismo reale, in questo rettilineo di Milano tiri dritto e c'è poco da pensare.
Il freddo punge e mi chiedo se le coperte che nascondono due disgraziati sotto i portici siano sufficienti a riscaldarli. Nessuno può vedere le loro facce, nemmeno le poche persone che forse entreranno nella agenzia interinale a un metro dal loro riparo.
Alla prima traversa a sinistra lascio il viale. C'è un grande negozio di intimo all'ingrosso, o almeno a me sembra un ingrosso. Forse per via di quegli enormi manifesti con reggiseni pronti a scoppiare.
Bolzano, Berna. E poi altre insegne di alberghi che negli anni '70 dovevano essere moderni. Al fondo della via c'è pure una chiesa in stile neogotico schiacciata da due palazzi senza rispetto. Il cartello che riesco a intravedere, a fatica, dice che è un santuario. Addirittura.
"Pamela" ha chiuso e s'è portata via l'adesivo del suo nome, lasciando solo un'impronta sulla vetrina grigia. Non è il solo negozio d'abbigliamento ad essere morto qui intorno. Ma "Vaghissime Romantiche Donne" resiste, vai a capire perché. Forse la scritta outlet, o forse quella dei saldi.
Chi non c'è l'ha fatta è "Good Bye": dopo 43 anni cessa per sempre. E il destino forse non è stato nemmeno così avverso come si poteva presagire fin dall'atto di fondazione.
Un'impresa immobiliare della zona cerca di farsi notare e prova a vendere qualunque cosa. Appartamenti? Ce l'ho. Negozi liberi? Ce l'ho. Negozi affittati? Ce l'ho. Posti auto? Che domande.
In mezzo a questa agonizzante decadenza, c'è qualcuno che restaura un intero palazzo. In bocca al lupo, magari hai ragione tu. Io torno verso la Centrale per pranzare.
Il vecchio tram giallo sotto il Pirellone dovrebbe ricordare San Francisco. La Chinatown milanese, e adesso la chiama così pure Google, è un po' distante da qui. Ma l'amica avvocato, torinese trapiantata, mi conosce bene e, anche se oggi non può tenermi compagnia, mi indirizza verso i cinesi della zona. Non un posto qualunque, figurati, mille metri quadri di "tremendous" buffet. Perché l'è on Gran Milan.

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