20 gennaio 2015

Isolamento [ NYC #43 ]

A noi due, pioggia!


La miglior giacca impermeabile davvero a prova d'acqua? L'ombrello. Le ho provate tutte e, al momento, è l'unica che mi manca. Ho deciso di disfarmi dell'ombrello quando ho capito quanto fosse scomodo in metropolitana, soprattutto nelle ore di punta o quando hai le mani occupate da pacchi o sacchetti o quando non puoi spingere il passeggino di tuo figlio giù per le scale perché questa non è la Corazzata Potemekin. 

Mi sono fidato ciecamente, invece, delle recensioni a quella che credo sia la giacca impermeabile più grezza d'America. Recensioni scritte da gente che per lavoro passa tempo nei boschi o nei cantieri. Perché la Carhartt, che questa giacca è orgogliosa di produrre, in Europa era un marchio da felpe per raduni rave addomesticati, almeno sino a qualche anno fa; mentre quaggiù è molto più un sinonimo di abbigliamento per chi lavora duro. Alcuni dei loro bermuda imperforabili, per esempio, sono a prova di corno di rinoceronte e d'estate impediscono che la temperatura del tuo inguine possa superare i cinquanta gradi centigradi. Poi dice che è il cellulare in tasca a uccidere la fertilità maschile. Ho acquistato quei bermuda come alternativa alla pianificazione familiare. E tanto mi sono trovato bene che ho deciso di comprarmi pure la giacca impermeabile. Plastica pura, cuciture invisibili, peso pari a mezza dozzina di mattoni e non di quelli traforati. Mi chiedo se avrò il coraggio di metterla durante le prime piogge primaverili, quando potrei essere tentato di preferirle quella più leggera e traspirante della Brooklyn Industries, che dalle nostre parti è marchio di tendenza assoluta e ora si vende pure a Manhattan: perché sulla loro isoletta, loro, c'avranno pure i soldi e i grattacieli, ma quelli di tendenza, adesso, vivono dall'altra parte del Ponte, e si sa dappertutto nel Mondo (ma non in Italia, a quanto pare). Giacca impermeabile talmente leggera e talmente traspirante, quella di Brooklyn Industries, che ti evita l'inutile perdita di tempo della doccia prima d'uscire di casa. Sufficiente aspettare il primo temporale, indossarla, ed è fatta. Tendenza assoluta. 

19 gennaio 2015

Un giorno come un altro, senza Martin Luther King [ NYC # 42 ]


Almeno, oggi, non nevica e non fa un freddo insopportabile. E nemmeno diluvia, come ieri tutta la giornata. Un uomo regge un cartello che dice: "Autolavaggio Aperto". Sul marciapiede opposto, giusto poco prima dello svincolo che porta alla Prospect Expressway, altri due uomini reggono cartelli con scritto "SCIOPERO". Faccio una deviazione al semaforo sulla 19th Street, attraverso l'incrocio e mi avvicino a loro per salutarli. 

Li vedo scioperare, sempre con un piccolo numero di altri compagni, da tutto dicembre, quando siamo venuti a vivere qui, nel quartiere di Greenwood Heights. Da qualche giorno non vedo più, invece, l'enorme topo grigio gonfiabile che era ancorato davanti all'autolavaggio, uno di quelli che negli USA vengono chiamati "union rats" e che i lavoratori usano per attirare l'attenzione dei passanti sulle ragioni della loro protesta. 

I due uomini con cui mi fermo a parlare sono latinoamericani. Con i loro cartelli sono appoggiati ad alcune transenne della polizia, chissà quando abbandonate lì dagli agenti. Uno dei due mi racconta che il loro sciopero va ormai avanti dalla settimana di Thanksgiving, a fine novembre. Insieme ad altri dipendenti hanno fatto causa al proprietario dell'autolavaggio perché li pagava molto meno della già bassa paga minima oraria legale, spesso anche solo quattro dollari e cinquanta centesimi all'ora, e non pagava loro gli straordinari. Con stipendi così scarsi, a volte anche se qualcun altro in famiglia lavora, è difficile fare una vita onesta e dignitosa a New York. Non so se la mia solidarietà possa servire un po' di più dei pochissimi dollari che ho nel portafoglio e che decido di lasciare a sostegno della causa che questi uomini hanno iniziato. 

Dall'altro lato della strada uno dei compagni che oggi protesta con loro mi fa un cenno di ringraziamento. Al suo fianco un ragazzo sorregge un cartello che manifesta l'appoggio della Park Slope Community. Vedo che non troppo distante dagli scioperanti c'e' anche un secondo uomo con il cartello "Autolavaggio Aperto". Non so se i due uomini che promettono macchine pulite agli automobilisti diretti in autostrada  siano dipendenti pure loro o se siano pagati solo per fare pubblicità lungo la strada, dove a me sembra che non si fermi più nessuno da settimane, a parte i tassisti messicani che velocemente salutano gli amici in sciopero. Comunque sia, davvero improbabile che anche questi due poveri disgraziati possano essere pagati più di una miseria per reggere un semplice cartello. Entrambi i crumiri sono afroamericani.

Un giorno come un altro, il Martin Luther King Day.

01 gennaio 2015

ITALIANO VACANTE

Natale a Torino

Ah, già, la cacca dei cani. Non ricordo bene nel resto d'Italia, ma so per certo che a Torino non si usa raccoglierla. A San Salvario, per esempio, già a partire dai primi anni 2000 c'era questa usanza di lasciarla lungo i marciapiedi, così da consentire di pestarla a mo' d'auspicio. Per cui, quando adesso la pesto davanti a casa di mia madre, mi sento totalmente a mio agio. Solo che non vorrei portarla su a casa sua, ché lei è assai meno a proprio agio con la cacca dei cani. Così me la levo dalla scarpa con l'ultimo fazzoletto rimasto. Devo decidere se cercare un cestino o buttare il fazzoletto sporco di cacca sul marciapiede. Penso che lasciarlo sul marciapiede sia un segnale di apprezzamento che il padrone del cane capirà. Invece il fazzoletto mi scivola sulla strada, mer...
Mia madre, come credo altre madri, non ama molto la cacca dei cani, soprattutto quando provi a spalmarla dalla tua scarpa al tappeto dell'ingresso di casa sua. Credo che mia madre non ami l'arte, a dire il vero. Quando ha parcheggiato l'auto sotto casa, qualche giorno fa, un tizio ha deciso di usare la sua carrozzeria per un disegno lungo entrambe le fiancate, senza soluzione di continuità. A lei il disegno non è piaciuto. E a giudicare dalle maledizioni che gli ha lanciato, fossi in lui io non sottovaluterei quelle che lui crede siano solo delle fastidiose emorroidi.
L'apprezzamento per l'arte sulle automobili è così soggettivo che io ho deciso di disfarmi della mia vecchia Punto a metano. Dopo due anni a New York, e senza una macchina, mi sembrava il minimo non possedere più un'auto in Italia. Ho pensato che con ben due settimane di vacanza a Torino, sotto Natale, la cosa più semplice sarebbe stata fare una bella voltura e lasciare la macchina a qualcuno della mia famiglia. Ho pensato.