13 luglio 2015

Taramosalata [ NYC #52 ]

Scrivere, e pure fare l'amore


Brooklyn, stazione di Bay Parkway e vista su Washington Cemetery, cimitero ebraico
"Grandissimo blogger". Addirittura. Lui le parole sa usarle, ma forse intendeva grosso. "Profondo, utile ed intelligente". Adesso è chiaro: sta parlando di me ma non sta pensando a me. "Unico difetto...". Vai, ecco che arriva il missile. "Sei troppo prolisso. Mai più di 1800 caratteri. Mai. Mai. Fidati. Piuttosto spezza il pensiero. Baci". Che faccio? Prendo i baci e tutto il resto. Immagino che CarloBV mi voglia bene e voglia il mio bene. Per questo farò una copia di quel messaggio, prima che affondi tra i tanti su Facebook. E continuerò a scrivere senza spezzare pensieri o contare parole.

12 luglio 2015

Bagaglio a mano [ NYC #51 ]

Per un viaggio di tre ore un sacchetto di plastica basta e avanza


Dice che, una volta tirato fuori dal frigo, il caciocavallo possa resistere per tre ore chiuso in un sacchetto sotto il sole. Basta che il sacchetto si muova ad andatura regolare, seppur incerta, e non rimanga fermo nella stessa posizione per più di trenta minuti. Con questa massima di saggezza in testa, so già cosa fare quando esco dall'ufficio immigrazione.

[ Parentesi. Tutte le volte che sono stato dentro un ufficio dell'immigrazione qui negli Stati Uniti, da Miami a New York, ho pensato una sola cosa: noi, in Italia, siamo delle merde. E tutte le volte ho ripensato alle code fuori da quella specie di basso fabbricato camuffato da galera in Corso Verona a Torino, dove la Ragazza Dai Capelli Rossi, già in gravidanza, doveva attendere in piedi l'apertura perché non c'era un orario per l'appuntamento. Questo valeva per le altre donne nella sua condizione così come per chiunque altro. Quando ripenso a quell'enorme magazzino con tanto di sbarre a separare la sala d'attesa dagli sportelli, e quando ripenso alle urla che alcuni funzionari rivolgevano agli uomini e alle donne che erano lì, talvolta anche con i loro figli, penso che noi in Italia siamo semplicemente delle merde. Con tutte le eccezioni possibili e con tutta l'umanità dimostrata da altri funzionari e poliziotti, e che noi abbiamo sperimentato in prima persona, il sistema è comunque organizzato per umiliare le persone. Non è necessario essere delle merde ed è pure inutile. Perché una legge e la sua applicazione possono essere severe e restrittive, come succede negli Stati Uniti, senza per questo essere meno civili. Se poi in tre anni le cose sono migliorate, allora posso usare l'imperfetto: eravamo. Chiusa parentesi. ]

In un'ora sono fuori dall'ufficio immigrazione, dove mi hanno fatto un nuova fotografia e ho lasciato nuovamente le mie impronte digitali. Peccato solo che ieri mi sia dimenticato d'andare a tagliarmi i capelli. Almeno i polpastrelli erano in ordine. Per fare queste pratiche non si va all'ufficio centrale di Manhattan ma in quelli periferici. Quello cui sono stato assegnato si trova sulla 60th Street a Brooklyn.

La 60th Street è una linea di confine. A nord si estende Borough Park, dove risiede una popolosa comunità di ebrei hassidici. A sud si trova Bensonhurst, forse l'ultima vera enclave tradizionale italiana di una certa dimensione qui in città. Comunità visibile, quella dei nostri connazionali, almeno fino a quando gli ultimi negozi italiani non lasceranno spazio alla più dinamica Chinatown del quartiere, lungo la caotica 86th Street.