28 agosto 2013

GLOCAL

"Sei del luogo?". Zelig ha colpito ancora una volta: due tizi dell'Arizona, i cui tratti somatici sembrano quelli dei nativi americani, mi chiedono quali siano le spiagge migliori dove andare, pensando che io sia uno del posto. Rispondo che sono di New York e che è la seconda volta che sono solo di passaggio qui a Cocoa Beach, quindi non saprei davvero aiutarli. Memore di quanto mi ha detto Luciano qualche tempo fa, e di alcune cose ascoltate e lette qua e la, mi affretto pure ad aggiungere che poi sono anche italiano, e questo tanto per rafforzare il concetto che so poco della zona e sono la persona meno indicata cui chiedere consiglio. Ma, in realtà, faccio la precisazione perché so che non puoi definirti newyorchese se non ci hai vissuto almeno per cinque anni, o dieci secondo altre teorie assai più conservatrici. Ai due tizi dell'Arizona, comunque, sembra fare né caldo né freddo il fatto che io sia italiano, e non credo immaginino le mie remore nell'appropriarmi di un'identità che non posso ancora dichiarare mia (ammazza, che complicato che è).
"Sembravi davvero uno del luogo!", ride uno dei due. Ci sarebbe pure in inglese un modo per chiedergli se mi stia prendendo per i fondelli. Non è per niente il caso. Invece, mi limito a dirgli che apprezzo le sue parole anche se penso che mi stia prendendo in giro. Saluto i due e abbandono la spiaggia per tornare dalla famiglia che mi aspetta.
Più tardi, al ristorante sul Banana River (si, si chiama proprio così), la cameriera mi chiede da dove arriviamo. Rispondo che io sono italiano, che mio figlio è nato a Torino, mia moglie è di Miami ma noi adesso viviamo a New York. "Io sono di qui", dice lei. "Ho anche provato a vivere a New York, nel Bronx, ma non è stato facile ed era raro trovare qualcuno che venisse da qui". Ride quando anche mia moglie dice d'essere d'accordo e che vivere lassù è... come dire... "serious", ecco. "Mi sembra che sia la parola giusta", dice la cameriera, "si, rende l'idea". 
All'uscita dal ristorante, uno dei signori con cui il nostro piccoletto ha socializzato durante la cena, correndo senza sosta tra i tavoli, guarda la targa della nostra macchina e mi chiede da dove arriviamo. Riparto con la mia cantilena: "Io sono italiano ma mia moglie, invece, è di qui". "Ah", risponde lui, "perché avevo visto la targa e pensavo che...". Ho capito, ho sbagliato di nuovo: "si, viviamo a Brooklyn, a Bay Ridge". "Certo, la conosco bene", mi dice lui, "noi stavamo a Flatbush. Bene, buon viaggio allora".
Non so quando, ma sento che presto arriverà anche il giorno in cui smetterò di nascondermi dietro il passaporto.

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