03 gennaio 2013

(PARENTESI NEL DIARIO MINIMO DA MIAMI - Lincoln, la schiavitù e il "fiscal cliff")

(Difficile capire l'Italia. Quando arrivi a Melfi ti chiedi cosa possa davvero accomunare quel territorio a Mirafiori. Quando guardi le acciaierie, prima di entrare a Piombino, ti chiedi se Piombino esista davvero o sia solo il porto per l'Elba. Io, all'Elba, non c'ho mai messo piede. Ma Piombino l'ho vista decine di volte, e non solo perché la amo. Una volta ogni tre o quattro anni ci mette piede anche qualche giornalista e, in un paio di giorni, disegna il suo reportage. Tu, che ci sei stato varie volte, che hai parlato con le persone, ti chiedi quale bravura nascosta abbia quel cronista milanese. Com'è che tu hai capito qualcosa di diverso? Com'è che tu, anzi, pensi che sia proprio complicato capirci qualcosa?

Quando arrivi a Capaci, in autostrada da Palermo, ti chiedi se davvero anche le pietre non sapessero cosa stesse per succedere il giorno dell'attentato a Falcone. Quando arrivi in via Fani, a Roma, ti chiedi se davvero senza un addestramento militare fosse possibile uccidere cinque poliziotti di scorta e lasciare illeso Moro in mezzo a quel massacro. Quando arrivi in via Caetani, ti chiedi come abbiano fatto, quegli stessi rapitori a trovare parcheggio in quella via che quasi fatichi ad attraversare a piedi. Ma guai a mettere in dubbio l'abilità dei brigatisti, ché i primi a darti del cretino sono quelli che sono stati troppo codardi per imitarli.
A Porto Tolle ti chiedi come facciano a vivere con quell'umidità. Allo stadio di Foggia, come  sia riuscito Zeman a fare quel miracolo. A Cosenza non capisci perché non ci sia la folla di turisti in quella cattedrale, a Marghera quanti abbiano affollato il cimitero.
Difficile capire l'Italia. Eppure, per andare da un punto all'altro, ce la fai con meno di 1500 chilometri.
In America, da Miami a Seattle i chilometri sono 5400. Come si fa a capire un Paese così vasto? Invidio chi l'ha girata in lungo e in largo, vorrei farlo pure io, ma proprio non posso. Ma più di tutto invidio chi riesce a capirla. Soprattutto chi la capisce osservandola dalla redazione di un giornale in Italia e da lì te la spiega. Certo, quegli stessi giornali hanno i loro corrispondenti a New York, e qualcuno è proprio capace di farti sentire dentro la notizia. Ma quando quegli stessi giornali, quotidianamente, traducono il New York Times, sale un senso d'imbarazzo.
Il primo gennaio era sufficiente accendere un televisore o guardare un qualunque sito internet americano per sapere che, dopo i film usciti a Natale, si celebravano finalmente e ufficialmente i 150 anni dal "Proclama di Emancipazione", col quale Abramo Lincoln dichiarò, a guerra di secessione ancora in corso, la fine della schiavitù nei soli Stati Confederati: 1 gennaio 1863.
Se poi qualche giornalista italiano parla del tredicesimo emendamento, del 1865, a guerra finita; e magari, non ricordando la ricorrenza dei 150 anni, racconta che "l'America fa i conti con lo schiavismo per ritrovare lo slancio" e che dietro questo "revival dell'epopea dell'emancipazione degli schiavi neri" c'è in realtà "lo sforzo di superare le ansie e le divisioni dell’era del fiscal cliff", liberi di credere alla sua ricostruzione delle presunte attuali divisioni americane o a qualunque calendario con le principali date della storia americana, la quale, peraltro, è sempre stata anche storia di grandi divisioni e violenti contrasti. Calendario che quest'anno non è non stato così assente nelle ispirazioni dei registi.
Se può interessare, anche il New York Times, dopo alcune critiche per l'uso spensierato di parole e locuzioni assenti dal vocabolario inglese, in questi giorni parla di "cosidetto" fiscal cliff. Magari fra qualche giorno lo diranno anche in Italia.

P.s. Comunque, se un giornalista economico che capisce niente del mercato delle automobili viene candidato alle prossime elezioni italiane come esperto economico, un giornalista che davvero per anni ha vissuto negli States può pure permettersi il lusso di una ricostruzione suggestiva, anche se assai forzata).

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