27 novembre 2012

DIARIO MINIMO DA SEATTLE - 2 - Welcome to "Caffè Torino"

"Il prossimo anno farò domanda per la cittadinanza. Meno male, me la firmerà Obama!".
A Seattle da 12 anni, per Andrea gli 8 anni di Bush sono stati davvero troppo.
"Tu sei sposato e hai un figlio", mi dice, "per te sarà più veloce". Vero, ha ragione.
Arrivato da Torino, seguendo l'amore per la musica, per il grunge e dintorni, non se n'è più andato. "L'amica che era con me, invece, è tornata in Svizzera, e ora lì è una rockstar".

Andrea ha studiato da interprete a Forlì e una volta a Seattle ha lavorato alle traduzioni per Microsoft, dove è rimasto per 9 lunghi anni. Poi le ore trascorse a fare il pendolare sui tre autobus giornalieri per raggiungere il quartiere generale di Redmond, e rientrare a casa, sono diventati troppe, e lui si è reinventato un nuovo lavoro: gestire una caffetteria nella capitale del Regno di Starbucks.
Potremmo ascoltarlo per ore, mentre beviamo un caffè doppio e un'aranciata, che arrivano dritti dall'Italia. Come italiani sono il prosciutto dei panini o il panettone che è in vendita nel periodo natalizio. Ovviamente, nel suo CAFFÈ TORINO non mancano i gianduiotti.
Siamo sulla Yale Avenue, nel quartiere South Lake Union, che dopo un lungo passato industriale è ora una zona ad alta concentrazione di imprese tecnologiche e di ristoranti alla moda. Se il guru della cucina locale, Tomas Douglas, ha almeno mezza dozzina di ristoranti nel quartiere (senza dimenticare che a Seattle è pure nato un altro cuoco superstar, Mario Batali, ora di stanza a New York), la vera forza della zona è la presenza di Amazon. Il quartiere è disseminato di cantieri. Davanti al CAFFÈ TORINO stanno costruendo decine di appartamenti, e ci sono tantissimi operai anche attorno alle strade che si connettono alla Interstate 5, il lungo corridoio che attraversa da nord a sud l'area metropolitana.
"Avevo trovato un locale più centrale", racconta Andrea. "Ma quando Starbucks ha scoperto che nello stesso edificio Amazon avrebbe aperto degli uffici, hanno fatto all'ultimo momento un'offerta superiore alla mia". Innegabile: l'idea del nostro Davide contro il Golia  è suggestiva, anche da perdente.
Il CAFFÈ TORINO è d'impronta moderna, l'arancione è il colore dominante. Alle pareti ci sono delle grandi mappe città Torino Ottocentesca (ma potrebbero essere anche quelle dell'epoca di Pietro Micca), che Andrea ha comprato personalmente quest'estate, quando è tornato nel quartiere Barriera di Milano per trovare la sua famiglia. I lavori sono iniziati ad Agosto e ai primi d'Ottobre c'è stata l'inaugurazione. Andrea dice che nello Stato di Washington le regole da seguire per aprire un'attività come la sua sono proprio tante, e tante sono le ispezioni che si devono affrontare. Gli faccio  notare che, molto probabilmente, sono tanti anche gli anni che ha ormai trascorso in America, dimenticando quale mostro sia la burocrazia in Italia. Poco più di due mesi per aprire un caffè sono un sogno.
Certo, non tutto è stato semplice. La licenza per vendere gli alcolici, per esempio, ha dovuto superare una delle tante stranezze di questa immensa nazione, all'avanguardia in molti campi e con sorprendenti regole arcaiche in altri. La presenza di scuole e chiese nelle vicinanze può costituire un vincolo al rilascio del permesso per vendere alcol. Ma Andrea è stato fortunato, perché la Chiesa Ortodossa Russa che si trova proprio attaccata al suo caffè, non ha opposto obiezioni. Quando lui ha chiesto se valesse anche la regola contraria, e cioè che lui potesse opporsi alla costruzione di una nuova chiesa nelle vicinanze del suo locale, pare che la battuta sia stata accolta da un silenzio gelido.
Non sono semplici nemmeno i ritmi di questa nuova vita. Vero che in dieci minuti di macchina arriva al locale; ma la sveglia mattutina è alle 5 e un quarto, giusto per poter aprire alle 6 in punto. "I gestori del negozio coreano che c'era prima del nostro arrivo, quando nevicava si fermavano a dormire nella piccola stanza dove ora c'è il mio ufficio". Andrea non arriva a questi livelli, ma quando gli propongo di vederci per una pizza a cena, dopo la chiusura del caffè, mi fa capire che difficilmente riuscirebbe ad arrivare sveglio all'appuntamento. Tutto il suo tempo libero lo concentra dal pomeriggio di sabato alla domenica sera, quando noi, però, non saremo già più a Seattle. Almeno per questa volta.

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