26 luglio 2012

APRITI SESAMO

Il preparato è di quelli per il risotto. Che differenza fa se voglio usarlo con gli spaghetti? Nessuna: alla fine, sempre di pesce surgelato si tratterà.
Peccato che la nostra dispensa sia priva di spaghetti, a parte quelli integrali, che non puoi chiamare davvero spaghetti.
Quindi, si torna al riso, ché almeno quello è in abbondanza, come nelle cascine lungo il Ticino o lo Yangtze.
Forse, prima, avrei dovuto preparare un brodo, magari con quei gusci di gamberi che teniamo in freezer proprio per queste evenienze. Non l'ho fatto, amen.
Ad ogni mestolo d'acqua, si capisce che il riso non si accontenterà del sale che gli sto buttando dentro. Allora apro di nuovo il frigo, e giù con zucchine e qualche pezzo di pomodoro.
Il colore ora è più convincente; ma di sapore, manco a parlarne.
Il peperoncino della zia? Bene. Il prezzemolo? Pure.
Nuovo assaggio.
A parte che siamo lontani dalla cottura, predomina l'insipido.
"Senti... com'è che si chiama quella salsa di coso... si, dai... quella di soia, ma col nome... Tamiami?".
Ah, no, era tamari.
Almeno la soia giapponese sarà salata? Si, ma ancora non va.
Cassetto, ecco quello che ci serve: goju karu. "Questa roba coreana è potente, eh?".
Abbondare.
Sorpresa dal frigo: goju jang. "Guarda il colore... Fichissima questa marmellata".
Abbondare.
"Che ne dici? Altra tamari? Ma si...".
Lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo...Acqua, acqua, acqua, ché si sta attaccando in ogni dove!
Salvo, per puro miracolo.
Tavola.
Il piatto è bollente, ormai è un parente lontano del risotto ai frutti di mare.
Dev'esserci qualcosa di metaforico in tutto questo, si, sarà un segnale.
È piccantissimo, in puro stile asiatico imbastardito alla maniera di San Francisco.
Dell'olio di sesamo non potrà che rinfrescarlo.

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