29 settembre 2009

VICOLO CIECO

Quando il lavoro diventa un labirinto

Ormai è qualche settimana che ci giro attorno. Ho pure stressato a dovere la mente pensante del gruppo, l'Ingegnere con la G maiuscola, mica solo la I; l'ho costretto a trovare prove e controprove prima alle sue e poi alle nostre comuni intuizioni deliranti, a simulare gli scenari più disparati; ho vestito i panni del vecchio saggio aduso al compromesso meno confessabile e l'ho costretto a metter da parte il suo ingiustificato idealismo giovanile (“ragazzo, vogliamo lavorare nel settore più sporco che esista, i rifiuti... l'ambiente si tutela, ma a parole... su, fa' il bravo...”). Il risultato, tecnicamente parlando, è apprezzabile, ed è il frutto faticoso d'un lavoro lungo, fatto di razionalità, mera opportunità, nasi turati (e non solo per il miasma che sale dalla monnezza). Per me, uno sforzo mentale doppio: formazione (almeno teorica) giuridica, esperienza professionale da consulente per chi deve gestire centinaia di persone e da sviluppatore commerciale (detto in inglese sarebbe più cool) di servizi aziendali altrui... che c'entro, io, col biogas, i piezometri, le medie ponderate, le percentuali d'ossigeno, i cedimenti del fronte di scarico e la georeferenziazione? E chiunque osi ancora dirmi che non c'è niente di più arduo che lavorar con le persone, motivarle, organizzarle, sceglierle, per poi licenziarle, si prepari alla mia selva d'insulti. Ci provi lui a trovare il magico equilibrio tra funzionalità complessa, esigenze politiche, trasparenza, ipocrisia e semplicità di comunicazione.
E si, perché questa roba va spiegata: tutto questo polpettone indistinto deve essere reso una pietanza appetibile, possibilmente già masticata e, magari, anche digerita. Si sa, la nostra attenzione è ridottissima, al terzo minuto d'ascolto iniziamo sbadigliare; e leggendo è ancora più facile, basta chiudere il libro o cliccare la crocetta in alto a destra. Serve il miracolo, lo slogan, la sintesi perfetta. Questa missione ai limiti del sensato ha pure un nome: business writing.
La sostanza non cambia. Da giorni devo trovare quelle poche paroline che convincano i miei interlocutori a investire davvero sullo sviluppo sostenibile, sulla tutela dell'ambiente e, prima di tutto, sulla salute della gente che compra l'insalata. “Lor Signori!! Venghino a me! Ho la soluzione ai problemi che mai vi siete posti, no, nemmeno nei vostri sogni peggiori. Da oggi potrete dotarvi di meravigliosi sistemi gestionali che renderanno un gioco il vostro monitoraggio ambientale (ché lo fate, vero, Lor Signori?) e più pulita la vostra comunque lucrosa attività. Che dite? V'ho conquistati??!”.
Macché, ancora non ne vengo fuori.
Apro il frigo. Patate, zucchine, pomodori, peperoni. Ci sono delle olive, dei capperi, l'origano che non può mancare.
Hai visto mai, cambiando ingredienti...

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