04 settembre 2007

Immobile

Le eviti a lungo. Non credi neanche di poterle scampare, magari per una fortuna particolare.
No, pensi proprio d'esserne immune.
Poi, quando meno te lo aspetti, ti ci imbatti.
E l'impatto è violento, traumatico.
Sono le giornate in cui la pancia ti fa male.
Ci provi fino all'ultimo a chiamarle con un nome diverso.
Ma la pancia fa male lo stesso. E a tratti ti senti mancare l'aria.
Rammenti i racconti altrui, e un po' ne trai sollievo.
Tranquillo, è normale sentire questa sensazione al petto, è normale questa sensazione di vuoto.
Sei fortunato, non è un attacco di panico.
No.
Stai semplicemente facendo i conti con il dolore.
No, non è quel dolore che conosci sin da quando, bambino, ti sbucciavi le ginocchia, ti rompevi un dente o la ragazzinadaicapellirossi non ti degnava d'uno sguardo.
No.
E' un dolore più profondo.
Quello che genera l'impotenza.
L'impotenza delle tue convinzioni, del tuo modo di vivere, di quel modo che è solo tuo e non è vero che vale per tutti quanti.
Te ne vai a raccontare in giro che sei capace di metterti in discussione. E scopri che non è vero.
Che se fosse stato vero, ora non staresti così male.
Che a forza d'andare avanti come un rullo compressore, spinto dall'Idea d'essere Naturalmente nel Giusto, sei riuscito a travolgere anche quello a cui tenevi.
C'è mancato poco che lo uccidessi del tutto.
Poco.
Ma ora è in rianimazione, ci rimarrà non sai per quanto tempo, potrebbe rimanerci per sempre.
E tu sei gentilmente invitato a non prestare le tue cure.
Non servono.
Prima servivano.
Si, prima serviva che tu fossi meno preso dalla tua Idea.
Prima dovevi ascoltare e contenerti almeno un po'.
Perchè non tutti hanno voglia d'essere travolti. Ci sono momenti in cui uno ha solo voglia di rannicchiarsi un po' in un angolino, soprattutto dopo aver preso botte.
E tu non puoi andare a dirgli con un sorriso idiota: "Ma dai! Alzati e cammina! Che stai aspettando ancora?".
Forse si aspettava che tu aspettassi davvero, e non solo a parole.
Forse si aspettava che tu fossi presente senza essere invadente; che tu non mettessi sempre in dubbio quello che i suoi occhi e le sue mani ti avevano già dimostrato mille volte.
Forse si aspettava vera fiducia.
E non la tua paura. Legittima, va bene. Ma fuori luogo. O, quanto meno, inopportuna.
Perchè sin dall'inizio sapevi quali fossero le regole del gioco.
Ma hai sbagliato i conti lo stesso.
C'hai messo cuore, anima, passione.
C'hai messo tutto te stesso.
Troppo.
Hai messo te stesso dappertutto, anche dove non dovevi, occupando gli spazi dell'altro.
E lo hai travolto.
Non pensavi che insieme avresti diviso solo le gioie.
Ma adesso condividi solo il dolore.
Avresti dovuto farlo già da tanto tempo, ora è l'unica cosa che puoi fare: non muoverti.
Perchè l'altro lo sa che ci sei e ti sente lo stesso...


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